Cronaca

“Mi hanno tolto le gambe, per la seconda volta”: rubata la carrozzina alla campionessa paralimpica di nuoto Giusy Barraco

"Sono arrabbiata perché per loro sarà qualcosa di non prezioso o poco importante, ma per me rappresenta le mie gambe, con cui mi sono sposata. I miei ricordi. Tanti ricordi. Fa parte di me" dice la campionessa

Le hanno rubato la carrozzina nella sua casa al mare in Sicilia, mentre era a Firenze per scoprire se sarebbe mai potuta diventare mamma. Per la campionessa paralimpica di nuoto, Giusy Barraco, restare senza la sua sedia è stato un colpo duro: “Mi hanno tolto le gambe. Per la seconda volta. La prima è stata la malattia a farlo”, dice al Corriere della Sera. I ladri hanno messo a soqquadro la sua casa di Petrosino, in provincia di Trapani, portando via soltanto la sua sedia a rotelle. “Sono arrabbiata perché per loro sarà qualcosa di non prezioso o poco importante, ma per me rappresenta le mie gambe, con cui mi sono sposata. I miei ricordi. Tanti ricordi. Fa parte di me”, continua la campionessa.

Giusy ha 41 anni e nel 2016 è diventata campionessa italiana paralimpica di nuoto nella specialità dorso. Prima, su quella stessa carrozzina ha imparato a ballare, si è innamorata e sposata con Giuseppe. Ha viaggiato in Italia e fuori dal Paese. “Avermela rubata è come aver compiuto un atto violento su una persona. E pensare che quando ero giovane la rifiutavo, avevo vergogna a usarla”, dice ancora al Corriere. Sembra una donna combattiva e sicura, ma – confessa – non è sempre stato così. “Quando ero giovane ci sono stati periodi in cui ho pensato che fosse meglio morire”. Una patologia rara, la malattia di Charcot-Marie-Tooth (Cmt) le ha cambiato la vita dall’età di quattro anni. Una neuropatia genetica ereditaria, spesso sottovalutata, che prevede sintomi come inciampi, affaticamento, difficoltà di movimento con debolezza e una specie di bruciore a mani e piedi con perdita della sensibilità. Una malattia “invisibile” che colpisce circa una persona su 2.500 e per cui Giusy e i suoi genitori, Grazia e Francesco, hanno dovuto lottare con tenacia.

Tra le esperienze che l’hanno aiutata più di tutte, Giusy cita un viaggio a Lourdes, all’età di quindici anni “lì ho cambiato il mio atteggiamento. Mi dissi: ho due scelte, o prendo la mia vita in mano o mi lascio morire”. Fondamentale anche l’ingresso al Centro clinico Nemo Sud di Messina. Tra i desideri che la campionessa coltiva, ce n’è uno che spicca: “Che bello sarebbe poter avere un figlio”, ammette. Qualche tempo fa un aborto è stato un grande dolore. E, nel momento in cui le hanno rubato la carrozzina, Giusy era a Firenze proprio per fare ulteriori controlli riguardo la possibilità di diventare mamma. “Non mi fermerò, lotterò come sempre. Non la darò vinta a questa malattia, mai”.

Foto dall’account Facebook dello spettacolo teatrale “A muso duro”