Cronaca

Coronavirus, truffa sui tamponi: perquisizioni dei Nas a Napoli e Caserta. Sequestrati oltre 10mila kit. “Potenziale pericolo per pandemia”

Tra le persone coinvolte ci sono anche alcuni impiegati presso le postazioni territoriali di emergenza (118). L'accusa è di aver messo in piedi un'associazione per delinquere finalizzata ai reati di truffa ed esercizio abusivo della professione sanitaria

Sponsorizzavano l’esecuzione di tamponi e test sierologici falsi attraverso il loro sito internet, poi si presentavano a casa per fare l’esame a domicilio. Il responso avveniva nell’immediato, grazie ad apparecchi elettromedicali e kit che però non erano affatto regolamentari. A scoprirlo è stata la procura di Napoli che ha emesso un decreto di perquisizione a carico di personaggi e società orbitanti nel settore sanitario. Stando agli accertamenti condotti dai militari di Napoli e Caserta, l’organizzazione era composta da una serie di addetti convenzionati con il Servizio sanitario regionale e impiegati presso le postazioni territoriali di emergenza (118), collaboratori di un’azienda operante nel settore della commercializzazione di dispositivi medici e una serie di faccendieri. L’accusa è di aver messo in piedi un’associazione per delinquere finalizzata ai reati di truffa ed esercizio abusivo della professione sanitaria.

Nel corso della mattinata i Nas di Napoli hanno condotto anche una serie di perquisizioni che hanno portato al sequestro di oltre 10mila kit per tamponi (di cui alcuni scaduti), centinaia di test rapidi, materiale informatico, apparecchiature elettromedicali per processarli, nonché un ingente somma di denaro. L’inchiesta è nata da una serie di accertamenti eseguiti dagli agenti sulla filiera organizzativa deputata allo screening sanitario. L’obiettivo era stabilire se le aziende coinvolte fossero regolari sia sotto il profilo della legittimità autorizzativa, sia sulla idoneità dei professionisti impiegati. A quel punto i militari si sono imbattuti nel sito internet in questione, che prometteva di effettuare a domicilio gli esami. Un servizio che, spiegano ora gli inquirenti, era potenzialmente pericoloso anche per il diffondersi dell’epidemia sul territorio.