Mondo

Il governo indiano congela i conti di Amnesty International nel Paese. La ong: “Smantellano le voci critiche”

Secondo l'organizzazione non governativa per la difesa dei diritti umani, l'iniziativa di bloccare i conti sarebbe stata presa dopo la pubblicazione di un report sulle violenze compiute in febbraio dalla polizia di New Delhi, durante gli scontri fra musulmani e indù, che avevano provocato almeno 50 morti

Amnesty International ha annunciato di aver fermato le sue attività in India perché il governo ha bloccato i suoi conti correnti nel Paese. L’ong per la difesa dei diritti umani è stata costretta a licenziare il suo personale e a interrompere tutte le campagne e attività di ricerca. “Trattare un’organizzazione per i diritti umani alla stregua di un’impresa criminale senza alcuna prova fa parte del deliberato tentativo del governo indiano e delle sue agenzie di instaurare un clima di paura e smantellare le voci critiche”, ha dichiarato in una nota ufficiale Avinash Kumar, direttore generale di Amnesty International India. Il governo, invece, non ha voluto commentare la notizia.

Secondo Amnesty, l’iniziativa governativa di bloccare i conti corrente sarebbe stata presa dopo la pubblicazione da parte della ong di un report sulle violenze compiute in febbraio dalla polizia di New Delhi, durante gli scontri fra musulmani e indù, che avevano provocato almeno 50 morti. A detta dell’organizzazione, la persecuzione del governo nei suoi confronti sarebbe iniziata il 25 ottobre 2018, quando un gruppo di funzionari dell’agenzia delle Entrate aveva fatto irruzione nella sede centrale dell’organizzazione, chiudendo gli ingressi e trattenendosi per dieci ore alla ricerca di documentazione contabile che era disponibile pubblicamente o era stata già trasmessa alle autorità competenti. Durante l’operazione erano stati coinvolti anche diversi donatori di Amnesty International India che, dopo aver ricevuto lettere di richiesta di informazioni, avevano cessato di finanziare l’associazione.

Inoltre, nel giugno 2019 ad Amnesty era stato impedito di tenere una conferenza stampa per presentare il suo rapporto sulle violazioni dei diritti umani in Jammu e Kashmir. E il 15 novembre dello stesso anno c’era stato un nuovo raid negli uffici dell’associazione oltre che nell’abitazione del direttore generale. Il 15 aprile 2020, infine, la direzione di polizia per i reati informatici dello stato di Uttar Pradesh aveva chiesto a Twitter di fornire informazioni sull’account di Amnesty International India. “L’accanimento mostrato dal governo negli ultimi due anni nei confronti di Amnesty International non è affatto causale. Le costanti intimidazioni da parte di varie agenzie governative, tra cui quella che si occupa di fisco, sono la risposta alle nostre richieste di trasparenza e accertamento delle responsabilità e alle nostre denunce sulle gravi violazioni dei diritti umani nella capitale Delhi e nel Jammu e Kashmir. Per un movimento che non ha mai fatto nulla se non alzare la voce contro l’ingiustizia, quest’ultimo attacco equivale a congelare il dissenso“, ha aggiunto Kumar.

“È un giorno vergognoso per l’India: una potenza emergente, uno stato membro del Consiglio Onu dei diritti umani, la cui Costituzione contiene impegni per i diritti umani, cerca di ridurre al silenzio chi chiede giustizia. Molti dei nostri colleghi hanno perso il lavoro grazie all’azione del governo indiano. Continueremo a dare loro il massimo sostegno e a chiedere al governo di Delhi di porre fine a questa vergognosa repressione nei confronti di coloro che stanno dalla parte dei diritti della popolazione indiana“, ha dichiarato Julie Verhaar, segretaria generale ad interim di Amnesty International.

(immagine d’archivio degli scontri di febbraio a New Delhi tra musulmani e indù)