Ambiente & Veleni

La storia del team italiano in viaggio da 10 anni per fotografare lo scioglimento dei ghiacciai. E confrontare gli scatti con quelli di fine ‘800

Il progetto “Sulle tracce dei ghiacciai”, creato dal fotografo Fabiano Ventura, si avvale di un comitato di esperti di glaciologia, geologi e ingegneri ambientali di varie università italiane. Utilizzata la tecnica della 'repeat photography'. "Le foto lasciano parlare la realtà e i confronti fotografici, che paragonano la situazione di oggi con quella di cento anni fa, esprimono con forza il grido di dolore della Terra. Guardandoli siamo costretti ad ascoltarlo"

I ghiacciai alpini si sono ridotti del 60 per cento negli ultimi cento anni a causa dei cambiamenti climatici. Un dato ormai consolidato, eppure la tendenza negativa che colpisce la salute della Terra non si è ancora invertita. Se i numeri non bastano, le immagini possono smuovere maggiormente l’opinione pubblica grazie alla capacità di imprimere nella mente dell’osservatore i danni portati dal riscaldamento globale, anche sulle montagne d’Italia. Questo pensiero è ciò che ha portato il fotografo Fabiano Ventura a creare il progetto “Sulle tracce dei ghiacciai”: da dieci anni, lui e il suo team viaggiano fra le catene montuose del mondo per scattare fotografie alle vette e comparare le opere ottenute con gli scatti del passato. Così facendo rendono evidente l’ablazione dei ghiacciai, cioè il loro scioglimento.

Dopo aver visitato le Ande, il Caucaso, l’Himalaya e l’Alaska, Ventura si trova ora sulle Alpi italiane, che dalla Val d’Aosta al Trentino stanno subendo la stessa sorte nefasta patita dalle altre montagne del mondo. “Scattiamo dallo stesso punto di osservazione e nel medesimo periodo dell’anno delle opere realizzate dai fotografi-esploratori di fine ‘800 e inizio ‘900 – spiega Ventura al telefono durante una sosta in Valtellina, vicino al già ridimensionato ghiacciaio dei Forni – Prima di ogni spedizione, insieme ai miei assistenti, compio un lavoro di ricerca in archivi, fondazioni e collezioni private per trovare le foto del secolo scorso”. Coadiuvato da un comitato scientifico che vede al lavoro esperti di glaciologia, geologi e ingegneri ambientali di varie università italiane, il gruppo raccoglie inoltre dati scientifici, utili a decifrare la perdita di massa delle vette innevate.

“Utilizzo macchine di grande formato a pellicola per ricreare le stesse immagini realizzate da famosi fotografi come Vittorio Sella, Alberto de Agostini e Mario Gabinio. Posizionare il cavalletto nel punto esatto non è facile, soprattutto ad ambienti in alta quota. La tecnica della ‘repeat photography’, ovvero replicare una foto dello stesso sito a distanza di anni, non è nuova, ma ho pensato che sarebbe stata l’ideale per sottolineare i danni dei cambiamenti climatici”. Una sorta di ieri e oggi delle catene montuose che verrà messo in mostra in eventi pubblici e un tour itinerante una volta completata la missione Alpi. “Il lavoro svolto si è rivelato sempre più importante – ha detto Claudio Smiraglia, glaciologo dell’Università Statale di Milano coinvolto nel progetto – non solo perché rappresenta una testimonianza del possibile connubio fra arte fotografica e ricerca scientifica, ma soprattutto perché ha contribuito ad accrescere nell’opinione pubblica la sensibilità per le trasformazioni che l’umanità sta arrecando all’ambiente, di cui i ghiacciai, con la loro evoluzione, rappresentano il sintomo e il simbolo più evidente e avvertibile”.

Una visita al sito Sulletraccedeighiacciai.com, costantemente aggiornato da Ventura con diari, racconti e video, permette di scoprire il lavoro di ricerca fatto dall’autore e di restare aggiornati sui progressi in corso fra i monti italiani. Si tratta quindi di una serie di informazioni utili non solo per gli alpinisti o per gli amanti della montagna, ma per tutti coloro che hanno a cuore il futuro del pianeta minacciato dai cambiamenti climatici. “Cerchiamo con queste opere di aumentare la responsabilità dei cittadini e di diffondere la conoscenza sui rischi che uno stile di vita disinteressato alla natura sta causando al mondo. Le foto lasciano parlare la realtà e i confronti fotografici, che paragonano la situazione di oggi con quella di cento anni fa, esprimono con forza il grido di dolore della Terra”, conclude il fotografo. “Guardandoli siamo costretti ad ascoltarlo”.