Cronaca

“Forestali che lavorano a chiamata, pochi mezzi e la mano della mafia”: ecco perché in Sicilia i roghi devastano le riserve. Ogni anno

Da Palermo a Trapani, da Catania e Messina un’ampia area dell'isola è bruciata negli ultimi giorni di agosto: ormai una consuetudine che si ripete ogni estate nei giorni di forte scirocco. Le procure di Palermo e Trapani hanno aperto fascicoli per iincendio boschivo con l'aggravante prevista in caso di incendi in aree protette, mentre gli ambientalisti accusano: "Il sistema antincendio è con tutta evidenza fallimentare". Gaetano Guarino, storico funzionario della Forestale: "Contiamo 400 uomini, poi ci sono 19 mila operai, ovvero persone che lavorano solo per qualche mese o per qualche giorno". Sullo sfondo l'accusa: "Vogliono dare la gestione delle riserve ai privati"

“Spero in un ultimo sussulto di dignità e chiedo a queste persone che hanno appiccato il fuoco di autodenunciarsi. Chiedo anche a chi sa qualcosa che venga a riferire, perché quel che è successo è gravissimo”. Usa queste parole Angela De Luca, sindaca di Altofonte, nel Palermitano, per rivolgersi ai suoi concittadini. “Sono nella stanza del segretario comunale e da qui vedo lo sfregio inaudito al nostro bosco. Non è una questione solo di rabbia ma di grande paura: già le prime rocce hanno cominciato a rotolare verso l’abitato. Cosa succederà adesso? Cosa succederà alle prime piogge?”, è l’allarme lanciato dalla sindaca.

“Una strategia criminale concordata”- Nel comune siciliano a causa degli incendi dell’ultimo fine settimana di agosto sono andati in fumo 900 ettari del bosco della Moarda. E alcuni roghi non sono ancora completamente spenti: “Le radici ancora bruciano”, dice la sindaca. E dire che il bosco della Moarda era stato piantato nel dopoguerra proprio per riparare gli abitanti di Altofonte: “Prima c’era fango, c’erano smottamenti, poi hanno piantato gli alberi ed eravamo al riparo, adesso le case sono a rischio”. La voce della sindaca, sostenuta dalla preoccupazione per i suoi concittadini, tocca ottave alte. Era alta anche domenica mattina quando alle 7 del mattino la sindaca ha chiamato il presidente Nello Musumeci per chiedere l’invio dei Canadair: “Ce ne sono due in tutta la Sicilia – spiega– e io capisco che si dia priorità alle riserve ma noi avevamo il fuoco davanti agli occhi”. Pure il governatore ha rivolto un appello affinché vengano denunciati i responsabili: “Spero che si possa, con la collaborazione anche dei cittadini, arrivare all’individuazione di questi delinquenti che con una strategia criminale concordata distruggono, in un solo attimo, un patrimonio boschivo formatosi in decenni di cura e attenzione della comunità locale e delle istituzioni”. La Regione proclamerà lo stato di calamità, e chiederà a Roma di proclamare quello di emergenza.

I mezzi: solo 2 canadair sull’isola – Da Palermo a Trapani, da Catania e Messina, infatti, un’ampia area della Sicilia è bruciata negli ultimi giorni di agosto: “Siamo arrivati fino a un massimo di 5 canadair e due elicotteri su Palermo”, spiega Maurizio Lucia, direttore dei Vigili del fuoco. Sono in tutto 15 i Canadair in Italia, di proprietà dei Vigili del fuoco ma gestiti da una società esterna. A questi si aggiungono elicotteri non solo dei Vigili del Fuoco (che ne hanno 5) ma anche delle altre forze dell’ordine, mezzi inviati dal centro operativo aereo unificato che dispone a seconda dell’urgenza il velivolo più adeguato per l’operazione, mentre a gestire gli interventi via terra ci sono i direttori delle operazioni di spegnimento che sono persone altamente specializzate per questi casi. Ma lo scorso fine settimana gli interventi contemporanei solo nell’Isola sono stati troppo estesi: “Una situazione di certo complicata dalla vastità e varietà degli interventi.

“Vogliono dare la gestione delle riserve ai privati” – Un irrobustimento di mezzi e uomini può essere solo visto di buon occhio ma siamo riusciti a rispondere bene alla situazione di emergenza”, rileva Lucia. Non sono d’accordo con lui gli ambientalisti che si sono riuniti da tutta la Sicilia sotto un’unica sigla (“Salviamo i boschi siciliani”), per chiedere – tra le altre cose – la rimozione di funzionari. “Perché il sistema antincendio è con tutta evidenza fallimentare”, dice Massimo Fundarò, organizzatore del comitato siciliano a salvaguardia dei boschi. Il comitato è pronto ad indagare sugli ultimi incendi: “Faremo quello che dovrebbero fare le istituzioni, ottenendo le informazioni per un dossier da presentare alle varie procure, dopo quello già presentato nel 2017 alla procura di Trapani ma rimasto nei cassetti”, accusa Fundarò. Che col comitato lancia anche una raccolta firme su change.org dove si chiede l’istituzione di una commissione d’inchiesta che accerti responsabilità e individui “esecutori materiali e mandanti per smascherare gli interessi mafiosi e le connivenze politiche”, si legge nell’appello lanciato dal comitato. Perché il sospetto “è che si voglia togliere la gestione pubblica per darla ai privati”, sostiene sempre l’ambientalista, in passato deputato dei Verdi tra il 2006 e il 2008. Fundarò insiste: “Ogni incendio ha la sua storia e se viene appiccato col buio quando si sa che i Canadair non possono entrare in azione non è di certo un caso”.

L’indagine delle procure – “Secondo me c’è anche la mano della mafia”, aggiunge Gaetano Guarino, ex direttore della riserva di Capo Gallo, a Palermo, funzionario storico della Forestale, adesso distaccato alla Protezione civile: vanta 36 anni di servizio, praticamente una vita dedicata alla vigilanza del verde siciliano, anche a costo di subire minacce che negli anni non sono mancate. “I responsabili degli incendi? Non si arriva mai a nessuno”, ricorda, facendo notare che gli incendi scoppiano sempre con certe condizioni meteo: giornate di forte scirocco che dall’Africa battono le coste siciliane. “Che qualcuno approfitti delle condizioni climatiche è un’ipotesi concreta – dice – ma da qui in poi tocca alle procure indagare”. E i pm di Palermo e di Trapani hanno effettivamente aperto un’indagine: il reato ipotizzato è quello di “incendio boschivo”, che prevede da 4 a 10 anni di reclusione, con aggravante prevista in caso di incendi in aree protette. È il caso della riserva dello Zingaro, nel trapanese, che è stata ancora una volta distrutta dalle fiamme. Gli incendi scoppiati negli ultimi giorni d’agosto, infatti, da quelle parti stanno quasi diventando una consuetudine.

I Forestali? 19mila lavorano solo qualche giorno all’anno – Eppure Guarino spiega che i roghi si possono prevenire: “Quando ero su quel territorio, a Piana degli Albanesi e Santa Cristina, gli incendi sono diminuiti del 70 percento. Non perché sono un eroe io ma perché stavo sul territorio e di questo c’è bisogno: di presenza”. Una presenza che dovrebbe essere garantita dal corpo siciliano della Forestale, spesso finito sotto accusa perché costituito da troppi dipendenti rispetto a quelli utilizzati nelle altre Regioni: “Bisogna fare una distinzione molto importante: c’è il corpo Forestale e ci sono gli operai della Forestale – spiega Guarino – Nel corpo contiamo 400 uomini, con un’età media di 55-60 anni (prima erano 1500), poi ci sono 19 mila operai forestali, ovvero persone che lavorano solo per qualche mese o per qualche giorno durante tutto l’anno. Sono seimila quelli che lavorano per spegnere gli incendi e lavorano per sei mesi l’anno, mentre tutti gli altri lavorano per 51, per 78 o per 158 giornate, lavorano cioè a chiamata. La Lombardia, per fare un esempio conta 8mila operai forestali che sono impiegati di ruolo, lavorano tutto l’anno e costano molto di più dei nostri 19mila che non sono forestali, sono braccianti agricoli, fanno parte di liste di collocamento e vengono inseriti a chiamata”. E su chi appicca il fuoco Guarino insiaste: “Secondo me c’è pure la mafia”, dice il funzionario che nel 2016 fu minacciato: “Ti faccio saltare la testa”, gli disse un collega coinvolto in un presunto giro di tangenti. “Nelle riserve – continua – serpeggia soprattutto una sorta di fastidio per i vincoli ambientali imposti alla zona”. Ci sarebbe, dunque, una volontà precisa nello scempio dello Zingaro. Anche secondo il direttore regionale dei Vigili del fuoco è “un’ipotesi da non escludere”. D’altronde, aggiunge Fundarò, “sono arrivo molti soldi per il rimboschimento dal Recovery fund, non dimentichiamolo”.

“L’ombra della mafia” – Pure la sindaca di Altofonte conferma: “Ogni anno i proprietari appiccano incendi, perlopiù per bruciare ginestra e saggina, che nel giro di poco si riforma in erba di cui poi si nutrono i loro animali”. Ma quest’anno c’è stata una mano più pesante: “Questa volta ci sono stati 5 diversi inneschi – sottolinea De Luca -: tutti gli anni i nostri eroi della protezione civile spengono incendi in questa zona”. Si può dunque prevenire? “Di certo si devono ripulire i boschi, il territorio va curato”, risponde Guarino. Mentre i Vigili prevedono nel periodo estivo più squadre: “In estate le regioni stipulano convenzioni per il potenziamento – spiega Lucia – costituendo squadre aggiuntive preposte a contrastare con maggiore efficacia gli incendi, per questo agosto, per esempio, avevamo una squadra in più per ogni comando e per Trapani due”. Misure insufficienti secondo gli ambientalisti. E di certo lo scorso fine settimana è stato impossibile contenere il fuoco: “Si è alzato di molto – racconta la sindaca – prendendo perfino le cime dei pini e da lì è stato l’inferno”.