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Bonus 600 euro a cinque deputati e un conduttore tv, sui social migliaia di messaggi indignati. E spunta l’hashtag #FuoriINomi

Obiettivo far uscire allo scoperto i parlamentari rei di un gesto giudicato "gravissimo", "vergognoso", "avido", e per il quale si chiedono a gran voce le "dimissioni immediate". C'è anche chi racconta storie personali: "Quando a mia figlia è stato rifiutato il bonus l’ho consolata dicendole che era giusto andasse a chi stava peggio di noi"

#FuoriINomi. Cinque deputati, un conduttore tv e un folto gruppo di amministratori locali – anche governatori e sindaci – fanno domanda per il bonus da 600 euro destinato alle partite Iva in difficoltà e su Twitter scatta la rivolta. E la richiesta di sapere subito chi siano i “senza vergogna“. L’intento è infatti quello di far uscire allo scoperto i parlamentari rei di un gesto giudicato “gravissimo”, “vergognoso”, “avido”, e per il quale si chiedono a gran voce le “dimissioni immediate”.

“Deve essere un coro unanime. Non è una questione politica. Parliamo di morale. Quindi subito #FuoriINomi!!!”, si legge nei tweet raccolti sotto lo stesso hashtag che presto entra tra i trend. “A Montecitorio alcuni deputati hanno beneficiato del bonus COVID…. è indegno ed offensivo per chi durante questa tragedia ha dovuto contare gli spiccioli“. E ancora: “Non pensate neanche lontanamente che ci stancheremo di chiederlo. Continueremo a chiedere i nomi fino a quando non li sapremo. E subito dopo – aggiungono – PRETENDIAMO le DIMISSIONI immediate”.

“#FuoriINomi dei miei 5 dipendenti, lautamente retribuiti, che hanno truffato lo stato! Mi è dovuto!”, scrivono altri. “Le parole sono importanti. Non sono furbetti, ma disonesti e truffatori. Loro come tutti quelli che hanno chiesto il bonus pur non avendone bisogno”. Anche se va detto che non si tratta di truffa perché il decreto Cura Italia e il decreto Rilancio non prevedevano limiti di reddito per poter chiedere e ottenere il bonus.

Nella marea di tweet indignati, c’è anche chi ne fa un fatto personale: “#FuoriINomi perché quando a mia figlia è stato rifiutato il bonus perché non iscritta ad alcuna cassa, l’ho consolata dicendole che ce l’avremmo fatta comunque. Che il bonus era giusto che andasse a chi stava peggio di noi“.