Diritti

Assegno maternità agli extracomunitari, la Consulta chiede alla Corte Ue di valutare se la legge italiana garantisce parità di trattamento

La Corte costituzionale ha chiesto alla Corte di Lussemburgo di esprimersi sulla normativa che subordina l’erogazione degli aiuti per la natalità al fatto di essere residenti da almeno cinque anni in Italia e al possesso di un reddito adeguato e di un alloggio. Le questioni di costituzionalità erano state sollevate dalla Cassazione

Dal palazzo della Consulta, la questione legata alla corresponsione degli assegni di natalità e di maternità agli extracomunitari si trasferisce momentaneamente nella sede della Corte Ue. Con un’ordinanza appena depositata dalla giudice redattrice Silvana Sciarra, la Corte Costituzionale ha deciso – seguendo la procedura del rinvio pregiudiziale – di rivolgersi alla Corte di Giustizia europea per sottoporre il quesito sul riconoscimento dei due assegni agli stranieri non comunitari. “Il divieto di discriminazioni arbitrarie e la tutela della maternità e dell’infanzia, salvaguardati dalla Costituzione italiana negli articoli 3 e 31, devono essere interpretati anche alla luce delle indicazioni vincolanti offerte dal diritto dell’Unione Europea – spiega una nota della Consulta – Le tutele riconosciute dalla Costituzione e dal diritto Ue, infatti, sono tra loro complementari, proprio perché legate da un nesso di mutua implicazione e di feconda integrazione“. E, nell’attesa della pronuncia della Corte di Lussemburgo, “tutti i giudizi restano sospesi”.

Le questioni di costituzionalità erano state sollevate dalla Cassazione. Si trattava di valutare se, subordinando l’erogazione degli assegni a un periodo di cinque anni di permanenza nel territorio dello Stato nonché al possesso di un reddito adeguato e di un alloggio, si ponesse in essere un’ingiustificata discriminazione degli stranieri che risiedono legalmente in Italia e versano in condizioni di più grave bisogno. Secondo la Cassazione, vi sarebbe violazione degli articoli 3 e 31 della Costituzione, ma anche del principio di parità di trattamento tra cittadini europei e cittadini di Paesi terzi, quanto alle prestazioni familiari e di maternità, enunciato dalla direttiva n. 2011/98 Ue, in armonia con il riconoscimento del diritto alle prestazioni di sicurezza sociale sancito dall’articolo 34 della Carta dei diritti fondamentali Ue.

La Corte costituzionale ha chiesto alla Corte di Lussemburgo di chiarire se la normativa italiana – che subordina alla titolarità del permesso per soggiornanti UE di lungo periodo la concessione agli stranieri degli assegni di natalità e di maternità – sia compatibile con l’articolo 34 e con la direttiva sulla parità di trattamento tra cittadini di Paesi terzi e cittadini degli Stati membri. Con riguardo all’assegno di natalità, la Corte costituzionale ne ha identificato, accanto alla finalità premiale, una concorrente funzione di sostegno alle famiglie in condizioni economiche precarie. Esso, pertanto, potrebbe essere qualificato come “prestazione familiare” secondo il diritto dell’Unione con la conseguente applicazione del principio di parità di trattamento. Il quesito preliminare riguarda anche l’assegno di maternità e la sua riconducibilità all’articolo 34 della Carta.