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Erdogan ha gioco facile: Santa Sofia diventa moschea (e palco elettorale)

Non c’è nulla di religioso nella conversione di Santa Sofia a moschea. Erdogan non lo ha fatto per i musulmani o perché gli interessa qualcosa dell’Islam. Come tutti i leader politici lo fa solo per il consenso e nel suo caso è quello di diventare il paladino delle masse di un mondo che vive nella sindrome della sconfitta. Un Medioriente piegato da guerre, dittature e miseria; preda di oligarchi pronti a portare i loro paesi fino al fallimento pur di riempirsi i conti bancari (il Libano per tutti).

E cosa rimane a queste masse oltre che la religione come unica certezza e luogo immaginario di ristoro, a fronte di un mondo ingiusto e senza speranza? Quello mediorientale è un mondo che non crede più nelle ideologie politiche: comunismo, socialismo o liberale suonano come parole vuote alle orecchie di un profugo di un campo profughi siriano o palestinese.

Erdogan lo sa e Santa Sofia, che da museo diventa moschea, vuole essere il simbolo di un leader che dice “io sono con voi, possiamo vincere contro il mondo a nord del Mediterraneo e il mio modello politico è quello giusto”. Ha gioco facile, rispetto ai regimi arabi visti dalla gente come collusi con l’Occidente che dice di essere laico e scade nell’identitarismo cristiano e populista.

Lui, Erdogan, non scende a compromessi (anche se sotto banco li fa), mica come quei cialtroni arabi. Il Sultano è uno squalo politico e della propaganda, forse meglio di Salvini che ne raggiunse quasi il livello quando baciò il crocifisso. É per questo che ci si innamora di lui: è il modello dell’Islam politico vincente svuotato di spiritualità e riempito di slogan.

Tanti piccoli Erdogan sono pronti a nascere diventando epigoni scadenti. Anche in Italia, dove associazioni islamiche che non mi rappresentano plaudono a un leader autoritario, dimostrando di non aver capito nulla dell’Islam perché dovrebbero avere compassione dei carcerati nelle prigioni turche. E Santa Sofia, privata di ogni significato, diventa solo un palco elettorale.

La verità, però, è che il sultano ha già vinto: più lo si attacca e più consenso avrà perché alla fine, al poveraccio, passa il messaggio che lui ha trasformato quattro mura immacolate in un luogo di culto dove stare con Dio. Al quel morto di fame, dimenticato da tutti, proprietario di una tenda e poco altro, è rimasta sola la consolazione dell’Onnipotente.