Politica

Porto di Venezia, bocciato il bilancio 2019 nonostante l’utile di 25 milioni. Zaia: “Mossa per cambiare presidente voluto dal Pd? Falso”

Per motivare il no di Regione e Città Metropolitana al consuntivo con avanzo positivo, molti vedono una strategia politica: al posto di Musolino (in quota dem) arriverebbe l'ex numero uno dello scalo di Trieste D'Agostino. Ipotesi - e dietrologie - smentite dal governatore e dal sindaco Brugnaro. Il Partito democratico chiede di rivedere la scelta: "Azione scellerata"

A Trieste, dal sindaco al presidente del Friuli, dai sindacati, ai camalli, ai partiti politici tutti hanno difeso qualche giorno fa Zeno D’Agostino, il presidente del Porto fatto decadere per inconferibilità dell’incarico da una decisione dell’Autorità Nazionale Anticorruzione. A Venezia la Regione Veneto e la Città Metropolitana, capeggiata dal sindaco di Venezia Luigi Brugnaro, bocciano in modo clamoroso il bilancio consuntivo 2019, pur con un avanzo di 25 milioni di euro, dando il via a una stagione di instabilità, se non addirittura di ingestibilità. Una bocciatura di natura politica, più che tecnica, o perlomeno dai contorni sfumati, mentre si intrecciano le voci del possibile arrivo a Venezia proprio di D’Agostino. Eppure, sia il governatore Luca Zaia, che il sindaco lagunare cadono dalle nuvole rimandando all’autonomia decisionale dei loro rappresentanti nel Comitato di gestione. “Non cercate dietrologie, regìe, perché non ce ne sono” ha detto Zaia.

Eppure lo scossone è forte, anche perché Pino Musolino, 39 anni, fu voluto al vertice dell’Autorità Portuale Veneziana all’inizio del 2017 dal Pd, quando ministro dei Trasporti era Graziano Delrio. Lo scalo veneziano ha un ruolo strategico non solo sulle attività commerciali e marittime in Alto Adriatico, ma anche sul flusso di Grandi Navi e sulle bonifiche di Porto Marghera. “La decisione non ha giustificazioni. Il voto contrario non è stato motivato, e va a bloccare l’attività del porto” ha dichiarato Musolino. “Le uniche osservazioni non sono pertinenti o articolate, e una parte della dichiarazione di voto addirittura esprime la non necessità di spiegare l’accaduto. Si tratta di un fatto devastante perché diventa impossibile utilizzare gli avanzi di amministrazione per distribuire fondi ai lavoratori portuali e alle imprese come stabilito dal decreto ‘Rilancia Italia’. È una cosa che ha dell’incredibile”.

Brugnaro e Zaia hanno rimandato la palla ai loro rappresentanti. Il sindaco: “Sono fortemente convinto che la decisione di Fabrizio Giri, rappresentante della Città Metropolitana e stimato professionista, sia stata presa dopo una attenta analisi del documento di bilancio. Una decisione presa in coscienza e puntualmente motivata”. Zaia ha negato grandi manovre per portare a Venezia l’ex presidente triestino. “D’Agostino io non lo conosco. Mi dicono tutti che è un bravo professionista, ma non c’entra nulla con il bilancio del Porto di Venezia. Se il rappresentante della Regione, l’ingegner Maria Rosaria Campitelli ha ritenuto di non dare il suo assenso, spero lo abbia motivato e abbia lasciato una memoria. Se i bilanci stanno in piedi si votano, se non stanno in piedi non si votano. Aveva comunicato la sua intenzione all’assessore, non si fa condizionare, ha votato secondo coscienza ”.

Giri e Campitelli, in una nota spiegano che la causa va cercata in un finanziamento a una società partecipata dalla Mantovani. “La questione è nata il 27 luglio 2018, quando il presidente Musolino siglò un accordo preliminare con la società Ve.Ro.Port.Mos (società di gestione del terminal traghetti di Fusina, partecipata dalla Mantovani), con il quale l’Autorità si impegnava a dare 9 milioni di euro a titolo di contributo pubblico, allungava la concessione di 10 anni e consentiva un diverso sviluppo progettuale rispetto a quello previsto dalla concessione iniziale. In questi due anni abbiamo rappresentato al presidente in forma dettagliata e per iscritto, le perplessità sull’iter procedurale, proprio per tutelare tutta la comunità portuale, senza mai avere alcuna minima apertura”.

I senatori del Pd Andrea Ferrazzi e Vincenzo D’Arienzo parlano di “un’azione scellerata che nega a Venezia un’importante risorsa, utilissima per favorire decine di aziende che lavorano nel settore per rilanciare le loro attività provate dall’epidemia. Considerato che non sono state espresse le ragioni della contrarietà, chiediamo a Regione e Città metropolitana di rivedere la propria scelta”.