Mafie

‘Ndrangheta in Trentino-Alto Adige, colpita la cosca Italiano-Papalia a Bolzano: 20 arresti

Tra gli arrestati, presenti anche alcuni esponenti di altre “famiglie” 'ndranghetiste della Calabria. Tra i reati contestati, oltre all’associazione mafiosa, anche l’estorsione, il sequestro di persona, lo spaccio e la detenzione illegale di armi

Dalla Calabria all’Alto Adige. È su questo asse che si innesta l’operazione antimafia della Polizia di Stato di Trento, denominata ‘Freeland’. Gli agenti hanno arrestato 20 persone appartenenti, secondo la procura, a una locale di ‘ndrangheta da anni operante a Bolzano: autonoma, ma legata alla ‘ndrina Italiano-Papalia di Delianuova, ai Barbaro-Papalia di Plati e ai Alvaro-Macrì-Violi di Sinopoli, in provincia di Reggio Calabria. Gli arrestati, che si trovano al momento in custodia cautelare in carcere, sono accusati di associazione mafiosa, estorsione, sequestro di persona, illecita vendita di sostanze stupefacenti e detenzione illegale di armi; ma anche bancarotta fraudolenta, contraffazione di documenti e favoreggiamento.

Dall’indagine, coordinata dal sostituto procuratore Davide Ognibene, è emersa la presenza sul territorio regionale, e in particolare a Bolzano, di una ‘ndrina collegata direttamente, secondo gli inquirenti, alle principali cosche calabresi: a capo Francesco Perre, oggi residente a Platì ma negli anni ’90 ritenuto di fatto il fondatore del nucleo altoatesino dopo essersi trasferito da Volpiano, e Mario Sergi, 60 anni, residente a Bolzano, titolare di un’impresa edile, e ritenuto oggi il vero capo dell’organizzazione locale dopo che ha ereditato il comando direttamente da Perre.

La cosca, secondo gli inquirenti, si riuniva nel bar gestito dalla compagna di Sergi, il Coffee Break di via Resia – che è ora sotto sequestro -, luogo in cui venivano gestiti i vari traffici e dove si decidevano strategie e azioni illecite. L’attività principale era il traffico di droga, in particolare cocaina: l’accusa ritiene che ogni mese dalla Calabria venissero immessi sul mercato locale circa 4-5 chili di cocaina e poi la ‘ndrina versava direttamente il denaro in Calabria alle cosche. La locale di ndrangheta di Bolzano era in contatto anche con soggetti rom, alcuni dei quali erano stati registrati anche come lavoranti nella ditta di costruzioni per garantirgli i benefici alternativi alla detenzione. Oltre ad essere accusato di associazione mafiosa, traffico di droga e detenzione illegale di armi, Sergi deve rispondere anche di bancarotta fraudolenta perché, secondo la Procura, si è appropriato indebitamente del denaro della ditta di costruzioni di cui era amministratore, dichiarata fallita dal Tribunale di Bolzano.