Cronaca

“La morte che viene dall’alto”, il progetto dell’attore genovese che racconta storie di ponti e viadotti crollati negli ultimi 200 anni

Dal crollo del ponte di Yarmouth, in Inghilterra nel 1845, passando per quello di Angers in Francia nel 1850, e poi Stati Uniti, Scozia, Inghilterra. Storie diverse di ponti, viadotti e cavalcavia crollati negli ultimi duecento anni in diverse parti del mondo per via di errate progettazioni, mancati controlli e assenza di manutenzione. Le ha volute raccogliere in una serie di racconti, distribuiti gratuitamente attraverso la sua pagina Facebook, l’attore teatrale Nicola Pannelli, ideatore del progetto collettivo “La morte che viene dall’alto” dal quale sono tratti i frammenti riportati in questo video.
L’artista che dal 2001, a Genova, anima l’associazione di teatro civile ’Narramondo’, ha chiamato a raccolta attori, musicisti e interpreti per riportare alla luce storie lontane e dimenticate, scoperte dall’autore durante la ricerca che sta portando avanti in vista di un futuro (e per ora ipotetico) lavoro teatrale dedicato alle vittime del crollo del Ponte Morandi. “Ma quella di Genova è una ferita ancora troppo recente – spiega Pannelli – ed è troppo importante ora stare a fianco alle famiglie alla ricerca della giustizia, attendendo gli sviluppi giudiziari che ci auguriamo possano individuare responsabilità”. Per questo l’autore ha scelto di raccontare vicende analoghe a quella del 14 agosto 2018: “Ho considerato i crolli che hanno causato la perdita di vite umane e che quindi prevedevano una responsabilità penale per i colpevoli, non ho preso in considerazione crolli dovuti a cause naturali, né guerre o atti di sabotaggio”.
Così Pannelli ha selezionato testimonianze, dichiarazioni, immagini e documenti per vedere “come sono andate a finire” quelle drammatiche vicende, che in comune con quella di Genova hanno una sequela di allarmi inascoltati, mancate manutenzioni, ricerca del profitto e tentativi di insabbiamento: “Rileggendo i documenti dei disastri del passato è inevitabile temere che i parenti delle vittime possano venire traditi e abbandonati, in questo senso penso che queste storie parlino anche di loro, senza nominarli, ma avendoli sempre presenti”. Le storie pubblicate in questi giorni sono otto e ne seguiranno altre nei prossimi, il format prevede un video con uno stralcio della vicenda seguito da una breve narrazione scritta dei fatti, dalla traduzione di alcune fonti reperite e una serie di link per approfondire.
Il progetto è seguito con interesse anche da Emmanuel, fratello di Henry Diaz, una delle 43 vittime del crollo di Ponte Morandi: “Oggi come ieri emerge chiaramente quanti danni può provocare l’egoismo dell’uomo – commenta – Quanto alcune persone siano capaci di ignorare i segnali che preannunciano una tragedia, pur di evitare un danno d’immagine, pur di non ammettere le proprie carenze, i propri sbagli. È sul serio tanto importante non perdere queste memorie, non ignorare quello che è già accaduto, se lo si fa si rischia di cadere nuovamente nelle medesime tragedie”.
La canzone di sottofondo al videoè una cover, realizzata per il progetto da Pier Luigi Pasino, di un brano originale dedicato alla tragedia del ponte di Great Yarmouth, quando 79 persone, prevalentemente bambini, rimasero vittime del crollo del ponte sospeso dal quale assistevano allo spettacolo di un clown. Dalla commissione di inchiesta emerse che il proprietario della concessione del posto, per massimizzare i profitti del pedaggio, aveva aumentato di una corsia l’impalcato, senza alcuna verifica della sostenibilità statica.