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Migranti, l’Ungheria chiude i campi al confine con la Serbia: in 280 trasferiti in altri centri

Una settimana fa, la Corte di giustizia europea aveva stabilito che i richiedenti asilo trattenuti illegalmente nella zona di transito di Roszke, alla frontiera serbo-ungherese, andavano liberati immediatamente: secondo le ong il trasferimento è avvenuto nottetempo, ancora prima dell'annuncio

Una settimana fa, la Corte di giustizia europea aveva stabilito che i richiedenti asilo trattenuti illegalmente nella zona di transito di Roszke, alla frontiera serbo-ungherese, andavano liberati immediatamente. Dopo un primo rifiuti, oggi arriva la risposta ungherese: i campi verrano chiusi e 280 persone saranno trasferite in altri centri. L’annuncio è arrivato dal sottosegretario Gergely Gulyas: “La zona di transito proteggeva i confini ungheresi. La malaugurata decisione della Corte Ue ci obbliga ad eliminarla”

La zona chiusa è stata definita “inumana” dalle organizzazioni civili per la difesa dei diritti umani. I richiedenti erano trattenuti dietro il filo spinato, guardati a vista dagli agenti armati. Le loro richieste di asilo sono state generalmente respinte. Il trasferimento è avvenuto in piena notte, prima ancora dell’annuncio del vicepremier Gergely Gulyas: 280 persone, fra cui molti bambini, sono stati trasferiti in centri di accoglienza aperti, all’interno del Paese. Lo ha riferito il Comitato Helsinki, ong di diritti civili che rappresenta i richiedenti asilo al tribunale. Si tratta della stessa organizzazione che aveva chiesto il giudizio della Corte europea sulla detenzione dei profughi in containers, pratica in vigore in Ungheria da più di un anno. In base alla normativa europea, nessun richiedente asilo oggetto di una decisione di rimpatrio può essere trattenuto solamente sulla base del fatto che non sarebbe in grado di provvedere al proprio sostentamento.

In un primo momento, la reazione del governo ungherese alla sentenza della Corte europea che chiedeva di liberare i migranti era stata un rifiuto. L’annuncio di Gulyas di oggi è una svolta inaspettata, e secondo gli osservatori internazionali potrebbe essere ricondotta alla paura che l’Ungheria possa perdere i fondi europei.