Cronaca

Coronavirus, Crisanti e Lettera 150: “Tamponi di massa per garantire la ripartenza”. Lopalco: “È diventato argomento di propaganda”

L'appello del gruppo di docenti e accademici: test a tappeto come unica misura "possibile e necessaria" per tornare a muoverci e a lavorare in sicurezza. L'epidemiologo Lopalco però chiede linee guida nazionali: "Bisogna uscire dal paradosso che siano sinonimo di sicurezza e prevenzione"

Tamponi di massa, per tutti. No: farne di più, ma in modo mirato. Virologi ed epidemiologi si dividono sul tema dei tamponi in un confronto a distanza. Da un lato, l’appello di Luca Ricolfi, Andrea Crisanti e Giuseppe Valditara – rappresentanti del gruppo di accademici Lettera 150 – che vede nei test a tappeto l’unica misura “possibile e necessaria” per la ripartenza. Dall’altra, il professor Luigi Lopalco, a capo della task force in Puglia, sottolinea il paradosso che i tamponi siano diventati “un argomento di propaganda” e chiede invece precise “linee guida” al governo su chi debba farli, quando e come.

In una lettera aperta indirizzata ai vertici nazionali e regionali, l’immunologo Crisanti, il presidente della Fondazione David Hume Ricolfi e il giurista Valditara rilanciano la necessità di allargare la platea delle persone sottoposta al test per il Covid-19: “Se vogliamo evitare la chiusura di centinaia di migliaia di aziende, se vogliamo che milioni di lavoratori non perdano il posto di lavoro, occorre cambiare rotta. Bisogna iniziare subito a fare tamponi di massa – scrivono i firmatari, perché – il tempo è poco e i rischi sono grandissimi”. L’appello è stato sottoscritto da Lettera 150, l’associazione che riunisce i docenti sostenitori della riapertura in sicurezza. Le motivazione degli accademici vengono elencate in 11 punti, in cui vengono menzionati anche il tracciamento via app e la libera circolazione delle persone sane all’interno del Paese. Ma una campagna di tamponamento, scrivono, è l’unico strumento che possa consentire ai cittadini di riprendersi in sicurezza “la libertà di movimento, e di riunione, la libertà religiosa, la libertà di lavorare, e quella di iniziativa economica, tutte attualmente e in vario modo compresse”.

“Bisogna uscire dal paradosso che fare più tamponi sia sinonimo di sicurezza e prevenzione“, commenta l’epidemiologo Pierluigi Lopalco durante la trasmissione Agorà, su Rai 3. Anche lui è d’accordo sul fatto che ne ne siano stati eseguiti meno del necessario: “Ne vanno fatti di più di quanti fatti in passato, perché abbiamo visto persone a casa con la febbre che non venivano diagnosticate e non venivano rintracciati i loro contatti”. Ma, aggiunge, “i tamponi vanno fatti in modo mirato, anche a tutti gli asintomatici entrati a contatto con persone con Covid, per circoscrivere il contagio”. Il professore auspica l’arrivo di regole nazionali valide per tutti: “Quello dei tamponi è diventato un argomento di propaganda: io ne faccio di più e sono più bravo. È importante che a livello nazionale arrivi una linea guida, che stabilisca quanti bisogna farne, quando, a chi e quanti laboratori abilitati devono esserci sul territorio in base alla popolazione. Se si facesse questo, sarebbe più facile anche lavorare nelle regioni”.