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Coronavirus, no alle messe: i vescovi contro il governo. “Libertà di culto violata”. Palazzo Chigi: “Protocolli già nei prossimi giorni”

Una nota della Conferenza episcopale ricorda il dialogo di queste settimane con il governo: "La Chiesa esige di poter riprendere la sua azione pastorale". A spingere per una soluzione anche l'uscita polemica della ministra renziana Bonetti e gli interventi dei capigruppo del Pd Marcucci e Delrio. Ma gli esperti del Comitato scientifico: "Criticità ineliminabili"

Sì ai funerali, no alle messe. E diventa scontro aperto dentro il governo, con Italia Viva che si smarca dal no alla ripresa dei riti religiosi, ma anche tra esecutivo e Conferenza episcopale. “I Vescovi italiani non possono accettare di vedere compromesso l’esercizio della libertà di culto. Dovrebbe essere chiaro a tutti che l’impegno al servizio verso i poveri, così significativo in questa emergenza, nasce da una fede che deve potersi nutrire alle sue sorgenti, in particolare la vita sacramentale” si legge in una nota titolata “Il disaccordo dei vescovi” uscita poco dopo la conferenza stampa del presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Ma Palazzo Chigi pochi minuti dopo rassicura la Cei: la presidenza del Consiglio conferma quanto già anticipato in conferenza stampa dal capo del governo. Già nei prossimi giorni – si legge in una nota – si studierà un protocollo che consenta quanto prima la partecipazione dei fedeli alle celebrazioni liturgiche in condizioni di massima sicurezza. A spingere per una soluzione oltre all’uscita polemica dei renziani, anche il Pd che raccomanda al governo di ascoltare le richieste della Chiesa cattolica.

La Cei: “La Chiesa esige di poter riprendere la sua azione”
La Cei nel suo comunicato ricorda l’interlocuzione con Palazzo Chigi e il Viminale per arrivare a misure che consentissero “il più ampio esercizio della libertà di culto” come aveva detto la ministra dell’Interno Luciana Lamorgese in un’intervista ad Avvenire il 23 aprile (parole ricordate dalla Cei). “Un’interlocuzione – spiega ancora la Conferenza episcopale – nel corso della quale più volte si è sottolineato in maniera esplicita che – nel momento in cui vengano ridotte le limitazioni assunte per far fronte alla pandemia – la Chiesa esige di poter riprendere la sua azione pastorale”.

Ma ora, insiste la Cei, il nuovo decreto che allenta alcune misure “esclude arbitrariamente la possibilità di celebrare la Messa con il popolo”. Il messaggio è dunque alla presidenza del Consiglio e al Comitato tecnico scientifico per il “dovere di distinguere tra la loro responsabilità – dare indicazioni precise di carattere sanitario – e quella della Chiesa, chiamata a organizzare la vita della comunità cristiana, nel rispetto delle misure disposte, ma nella pienezza della propria autonomia”.

Italia Viva e Pd: “Ascoltare i vescovi”
E’ sulla scia della Cei che va la ministra della Famiglia, la renziana Elena Bonetti: “Non posso tacere di fronte alla decisione incomprensibile di non concedere la possibilità di celebrare funzioni religiose” dice all’Ansa. “Non ho mai condiviso questa decisione e non credo ci assolva riferirci alla rigidità del parere del comitato tecnico scientifico. Sta alla politica tutelare il benessere integrale del Paese, e la libertà religiosa è tra le nostre libertà fondamentali”. “Questa scelta priva i cittadini della libertà di vivere in comunità la dimensione del culto – aggiunge la ministra – Avremmo potuto farlo in pieno rispetto delle regole di sicurezza che sono necessarie per evitare la diffusione del contagio. Così come lo facciamo nei luoghi di lavoro e lo faremo nei musei che abbiamo già deciso di riaprire. Da ministra non mancherà la mia voce ferma perché nel Consiglio dei Ministri si consideri di modificare questa decisione”.

Già durante i vertici della domenica pomeriggio, almeno secondo quanto dicono fonti di Italia Viva all’Ansa, avevano vissuto momenti di tensione proprio su questo punto, su cui aveva espresso insoddisfazione la capodelegazione del partito, la ministra all’Agricoltura Teresa Bellanova.

In serata anche il Pd, per voce dei suoi due capigruppo di Camera e Senato Graziano Delrio e Andrea Marcucci, ha sostenuto la necessità di ascoltare le istanze della Cei. “Credo sia giusto raccogliere la sollecitazione della Conferenza episcopale e rivedere il divieto per le funzioni religiose anche dopo il 4 maggio – ha spiegato Delrio – Attraverso la collaborazione sarà sicuramente possibile consentire la partecipazione dei fedeli alle funzioni nel pieno rispetto del distanziamento e della cautela necessaria”.

Gli esperti del Comitato scientifico: “Criticità ineliminabili”
Criticità ineliminabili” rendono impossibile secondo i tecnici del Comitato Tecnico Scientifico la riapertura, già dal 4 maggio, delle funzioni religiose. In particolare il comitato ritiene che “la partecipazione dei fedeli alle funzioni religiose comporta, allo stato attuale alcune criticità ineliminabili che includono lo spostamento di un numero rilevante di persone e i contatti ravvicinati durante l’Eucarestia“. A partire dal 4 maggio quindi e “per le successive tre settimane”, sostengono gli esperti, “non essendo ancora prevedibile l’impatto che avranno le riaperture parziali e il graduale allentamento delle misure attualmente in vigore sulle dinamiche epidemiche, il Cts reputa prematuro prevedere la partecipazione dei fedeli alle funzioni religiose”. Un parere, fanno notare però, che potrà essere rivisto “a partire dal 25 maggio nella direzione di una previsione verso la partecipazione dei fedeli alle funzioni religiose, rispettando rigorosamente le misure di distanziamento sociale sulla base degli andamenti epidemiologici”.