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Coronavirus, la Provincia di Trento chiede allo Stato la revisione dei Patti. D’Incà: “Nessuno si salva da solo, serve unità”

La discussione coinvolge non solo il presidente Maurizio Fugatti, ma anche il governatore dell'Alto Adige, Arno Kompatscher. Si tratta complessivamente (tra le due Province) di 900 milioni di euro da restituire a Roma

Da una parte c’è Roma, dall’altra la provincia autonoma di Trento. In mezzo, l’emergenza da coronavirus che impone allo Stato, ma anche alle realtà locali, spese assolutamente straordinarie. In questa situazione, il presidente Maurizio Fugatti ha dichiarato che intende rivedere i patti sottoscritti con Roma, in riferimento alla compartecipazione al risanamento del bilancio statale. Il che significa, in termini pratici, non restituire 400 milioni di euro all’amministrazione centrale. Ma il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Federico D’Incà, gli ha risposto che la prospettiva non è accettabile perché in questo momento l’Italia deve affrontare misure eccezionali senza divisioni. Si profila un conflitto duro in materia di trasferimenti economici, anche se il governatore dell’Alto Adige, Arno Kompatscher, del Südtiroler Volkspartei ha una posizione meno radicale.

È stato Fugatti a lanciare per primo il sasso, evidentemente preoccupato dalla tenuta dei bilanci della Provincia, chiedendo di voler aprire con il governo una riflessione sulla revisione dei patti sottoscritti (anche dalla Provincia di Bolzano) con Roma nel 2009 e nel 2014. Questi accordi prevedono di stabilire con certezza quanto Trento e Bolzano debbano dare allo Stato come compartecipazione al risanamento del bilancio statale. Si tratta complessivamente (tra le due Province) di 900 milioni di euro, pari allo 0,6% del costo del debito pubblico. Kompatscher è rimasto defilato, preferisce tenere i patti, ma chiede di introdurre una clausola di neutralità fiscale con cui blindare i bilanci provinciali in caso di importanti riduzioni della pressione fiscale da parte del governo nazionale

Gli accordi sul tappeto sono due. Il primo fu siglato nel 2009 a Milano, il secondo è il Patto di garanzia del 2014. “Non so – ha detto il presidente — che senso abbia che il Trentino oggi partecipi alla sostenibilità dei conti statali”. Il riferimento è alle spese per il coronavirus. Gli ha fatto eco Kompatscher: “I patti tutelano noi, non lo Stato”, aprendo la strada della neutralità fiscale. Ma sull’argomento è intervenuto il ministro D’Inca: “Nessuno si può salvare da solo. Il nostro compito, in questo momento, è unire il Paese”. La replica di Fugatti usa un lessico corretto nella forma, ma non sembra rinunciare a niente di quanto richiesto. “Credo che le questioni vadano analizzate nella loro complessità. Quindi siamo certi che il governo le saprà analizzare compiutamente in una ottica di rapporto istituzionale costruttivo”.

L’appuntamento è tra qualche giorno, quando il ministro per gli Affari Regionali e le autonomie, Francesco Boccia, del Pd, incontrerà in videoconferenza i vertici delle regioni a statuto speciale. Sul tappeto l’impatto delle misure di contrasto al Covid-19 sui bilanci delle Regioni a statuto speciale e delle Province di Trento e Bolzano. Il ministro ha fatto capire che non si può andare in direzioni divergenti: “Nessuno ce la fa da solo”. Una riunione con le Regioni e le due Province a statuto speciale era già stata fissata a Palermo all’inizio di marzo, ma era stata rinviata a causa del coronavirus. Da verificare quali saranno le posizioni che i due presidenti delle Province di Trento e Bolzano terranno al tavolo con il governo. Un mese e mezzo fa Boccia si era dichiarato favorevole ad “individuare nuove misure, anche a partire dall’utilizzo virtuoso e controllato del debito per stimolare investimenti e creare occupazione”. Ma da allora la situazione è mutata radicalmente.