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Coronavirus e fake news, Facebook ne blocca il 76%, Twitter solo il 41%

L’Università di Oxford e il Reuters Institute hanno condotto uno studio sulla quantità di notizie false inerenti alla pandemia di Coronavirus in atto che le varie piattaforme social riescono a bloccare. A fare il lavoro migliore è Facebook col 76% di notizie false bloccate, segue YouTube al 73%, mentre Twitter si ferma ad appena il 41%.

Un recente studio dell’Università di Oxford e del Reuters Institute ha mostrato la quantità di notizie false inerenti alla pandemia di Coronavirus in atto che le varie piattaforme social riescono a bloccare. Lo studio ovviamente riguarda il solo Regno Unito ma do ugualmente una misura generale dell’impegno profuso in questa congiuntura. Dai dati raccolti emerge che a fare il lavoro migliore è Facebook, che riesce a bloccare il 76% delle notizie false o fuorvianti. Segue a brevissima distanza YouTube con il 73%, mentre Twitter si ferma ad appena il 41%. Secondo i dati raccolti, nel periodo compreso tra gennaio e marzo, il numero di controlli sulle notizie in lingua inglese presenti sui social network è cresciuto del 999 %.

Lo studio sottolinea come il 59% delle fake news sia formato in realtà da notizie vere, manipolate però ad arte, distorte, decontestualizzate e rielaborate al fine di diffondere disinformazione, mentre solo il 38% è inventato di sana pianta. Passando ai contenuti invece, il 39% delle notizie false riguarda dichiarazioni manipolate o inventate in merito ad azioni e norme di autorità pubbliche, compresi rappresentanti dei governi e autorità internazionali come l’OMS e l’ONU.

Le notizie fuorvianti ma con una base reale inoltre hanno fatto registrare un coinvolgimento maggiore (87%) rispetto ai contenuti interamente inventati (12%), com’era del resto facilmente immaginabile in quanto verosimiglianti e quindi più convincenti. Per quanto riguarda le fonti, solo il 20% della disinformazione è stata veicolata da personaggi pubblici di spicco come politici o celebrità, raggiungendo un coinvolgimento del 69%, mentre la maggior parte di contenuti falsi è generato o diffuso da persone comuni.