Cronaca

Manolis Glezos, addio al ‘primo partigiano d’Europa’ che disse due volte no alla Germania

Sembra uno scherzo del destino: proprio in questi giorni di aspra contrapposizione in sede europea, scompare uno dei pochi che ha detto due volte no alla Germania. E’ mancato in Grecia Manolis Glezos, intellettuale, politico ma soprattutto eroe nazionale, capace di salire sull’Acropoli per ammainare la bandiera dei nazisti e 70 anni dopo di chiedere a Berlino di pagare ad Atene i danni di guerra.

Nella notte del 30 maggio 1941, in compagnia del fedele Apostolos Santas, salì sull’Acropoli e rimosse la bandiera tedesca simbolo di guerra del Terzo Reich, sotto gli occhi delle guardie e sfidando la morte certa. Quella mossa eroica si rivelò ben presto foriera di entusiasmi e di un ottimismo contagioso nel Paese deflagrato dall’occupazione. Non appena ne fu data notizia si innescò un’onda di resistenza ancor più veemente contro gli invasori. Addirittura il generale francese Charles de Gaulle epitetò Manolis Glezos “il primo partigiano d’Europa”. Ma quel gesto gli valse non solo tanta ammirazione, bensì altrettanta persecuzione da parte degli avversari politici.

Come ho scritto nel volume Greco-eroe d’Europa (Albeggi, 2014), da quel giorno iniziò così una lunga ricerca che portò, solo un anno dopo, all’arresto di Glezos e dei suoi complici, che vennero fermati e rinchiusi in carcere. In quella cella Manolis dovette subire le torture più selvagge, che vennero ripetute due decenni dopo sul corpo di Alekos Panagoulis, anch’egli reo di un gesto di sfida contro un altro regime. Glezos contrasse anche la tubercolosi e per questo venne rilasciato.

La mobilitazione internazionale è stata una costante per Glezos. Il Comitato Internazionale per la difesa aveva sede a Parigi, presieduto dal vecchio uomo politico francese Paul Bonkour. Tra i soci fondatori c’era il francese Jean Paul Sartre che ebbe un ruolo decisivo in occasione del grande processo contro Glezos, eroe nazionale ma perseguito proprio nella sua stessa patria. Il 9 luglio 1959 l’Alta Corte Militare di Atene fu chiamata a decidere, mentre Atene veniva invasa in quei giorni da avvocati stranieri, rappresentanti di organizzazioni internazionali e giornalisti richiamati dall’evento unico.

Il processo si svolse nel vecchio edificio dell’Accademia militare. Gli imputati giunsero alla corte marziale con le manette in bell’evidenza. La vigilia del processo fu segnata dal primo intervento diretto e ufficiale da parte dell’Unione Sovietica. Il Presidente del Soviet Supremo, il Maresciallo Vorosilof, con un messaggio al Re Pavlos di Grecia intese esprimere preoccupazione per la sorte di Glezos.

Chiamato a deporre dalla Corte, Glezos sostenne che l’accusa era infamante e mirata solo a colpire il partito e l’organo giornalistico da lui diretto. Il 22 luglio la Corte Militare annunciò la sua decisione sulla sorte degli imputati: a Voutsas e Trikalinos ergastolo per spionaggio; a Syngelakis e Karkagiannis undici anni di carcere e cinque anni di deportazione; a Ragouzaridis e Manolis Glezos cinque anni di carcere, la deportazione per quattro anni e otto anni di privazione dei diritti politici.

Ma furono ancora una volta le veementi sollevazioni estere di intellettuali, politici e giornalisti non greci a giocare un ruolo decisivo, così Glezos venne rilasciato il 15 dicembre 1962 come conseguenza delle proteste pubbliche in Grecia e all’estero. In suo onore il servizio postale sovietico rilasciò nel 1959 un francobollo commemorativo con impresso il suo volto.

Durante la sua carcerazione, Glezos fu rieletto deputato al ballottaggio del 1961. In occasione del colpo di stato del 21 aprile 1967 venne arrestato all’alba, insieme al resto dei leader politici di sinistra e detenuto per quattro anni consecutivi in svariate carceri e infine a Oropo, da dove fu rilasciato nel 1971 dopo la generale amnistia.

In totale Glezos è stato condannato 28 volte per le sue convinzioni politiche, di cui tre volte a morte. Il tempo complessivo trascorso nelle carceri elleniche ammonta a undici anni e cinque mesi, mentre quattro anni e sei mesi è il tempo passato in esilio all’estero. È scampato nove volte ad altrettanti tentativi di omicidio.

Nel maggio 2012 è stato eletto deputato di Syriza, ma la sua attività politica non si è fermata al seggio in Parlamento. Glezos si è dedicato a un’altra battaglia che risale ai tempi della Seconda Guerra Mondiale, come se in qualche modo intendesse proseguire quel gesto memorabile che lo ha reso famoso 72 anni fa: è diventato Presidente del Consiglio Nazionale che chiede alla Germania la restituzione dei danni di guerra alla Grecia.

Che i denari “riparatori” dei danni post secondo conflitto mondiale non siano mai arrivati nelle casse di Atene è cosa risaputa. Ma dal novembre 2012 proprio su spinta di Glezos, il Ministero delle Finanze greco ha deciso di fare sul serio per ottenere quel risarcimento.

A quanto ammonta oggi quella cifra? Prendendo come metro di valutazione l’interesse medio dei Buoni del Tesoro Americani dal 1944 (il 6%) ballerebbero cifre enormi: 163,8 miliardi di dollari per l’occupazione e 332 miliardi di dollari per i danni. E secondo un rapporto redatto nel luglio del 2011 dall’economista francese Jacques Delpla, la Germania dovrebbe corrispondere alla Grecia 575 milioni.

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