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Coronavirus, Zaia legge la poesia “di uno storico greco del 233 avanti Cristo”: “Un male è nell’aria”. Ma è un falso

Il presidente del Veneto legge i versi in conferenza stampa, ma rimane vittima di un pesce d'aprile involontario. Del fantomatico Eracleonte da Gela non esistono tracce se non a 3 secoli di distanza dall'epoca in cui viene collocato. E i suoi versi, che sembrano scritti ieri, probabilmente lo sono davvero

Il governatore leghista del Veneto Luca Zaia, potrà dire che è rimasto vittima di un Pesce d’Aprile anticipato di un giorno, eppure il 31 marzo, nel corso della conferenza stampa nella sede della Protezione Civile di Mestre, ha estratto una citazione poetica che sembrava calzare a pennello con quello che sta succedendo in Italia e nel mondo. “Mi hanno inviato questa poesia, è bellissima, l’ha scritta uno storico greco, Eracleonte da Gela nel 233 avanti Cristo” ha detto ai giornalisti. Poi, con fare ispirato, ha letto i versi che, se avesse prestato attenzione a certi passaggi, sono fin troppo calzanti con la quotidianità che stiamo vivendo. ”È iniziata l’aria tiepida e dovremo restare nelle case, non usciremo, non festeggeremo, bensì mangeremo e dormiremo e berremo il dolce vino perché dobbiamo combattere”. Poi il primo riferimento sospetto: “Queste genti ci hanno donato un male nell’aria che respiriamo se siamo loro vicini, il male ci tocca e resta con noi e da noi passa ai nostri parenti”. Perfetto per tirare in ballo i cinesi. Segue la ricetta e l’invito: “Siamo forti, aspettiamo che questo male muoia, restiamo nelle case e tutti insieme vinciamo. Il tempo trascorrerà e sarà il nostro alleato, il tempo ci aiuterà a guardare senza velocità il quotidiano trascorrere del giorno”.

Il governatore, prima di dire ai giornalisti che avrebbe dato loro una copia della poesia, ha commentato: “Questo è esattamente quello che dobbiamo fare noi”. Sarà anche così, ma la poesia non è vera. L’ha svelato il sito Bufale.net (“Anche Zaia casca nella bufala”) che ha trovato rarissime tracce storiche di un vescovo cristiano eretico, ma vissuto un secolo dopo Cristo, ovvero tre secoli dopo i 233 a.C. Quindi è un falso, costruito con l’astuzia di attribuire frasi a un personaggio su cui le verifiche sono pressoché impossibili.

La poesiola era perfetta perché Zaia trovasse le conferme dei suoi ammonimenti quotidiani. E si fidava della fonte. “Il Gazzettino” ha svelato chi ha messo quel foglio nella mani del presidente del Veneto. Si tratta di Giampiero Beltotto, giornalista, ex direttore della sede Rai di Venezia, ex portavoce di Zaia in Regione, poi addetto stampa della Banca Popolare di Vicenza subito dopo lo scoppio dello scandalo. Da un anno e mezzo è presidente del Teatro Stabile del Veneto. Zaia si è fidato e Beltotto si è a sua volta fidato di qualcun altro. “La poesia l’ho data io a Zaia e ne sono orgoglioso. La fonte? Non conta”.