Società

Coronavirus, non siamo immortali: dobbiamo rimetterci in discussione (e smetterla di uscire)

Abbiamo superato la Cina per numero di contagi e di morti. L’Italia ha raggiunto questo triste primato grazie forse a una commistione di eventi sfortunati e l’incoscienza di ancora molti, troppi. E’ il caso di quelli che a Milano e nelle altre zone rosse d’Italia escono, vanno a correre, non rispettando il divieto di uscire di casa. Pensano che la vita scorra normalmente e sono convinti di essere immortali.

Proprio l’idea di non morire è una delle convinzioni ataviche dell’essere umano. Non ci sarebbero guerre se l’uomo la smettesse di sentirsi invincibile. Così è per quelli che corrono, escono ancora per strada prendendo la quarantena come un periodo di ferie pagate dallo Stato. Invece il Coronavirus, invisibile, ci mette a un più stretto confronto con la possibilità di non essere immortali, di perdere cari e di perdere anche la nostra stessa vita.

E’ un confronto con noi stessi, con la nostra anima che abbiamo rinchiuso per troppo tempo in un angolo perché assorti nel materialismo della società. Dobbiamo ripensare l’idea stessa della vita, considerando la possibilità che il contrario di essa possa diventare parte della normalità.

Anche l’amore va ridiscusso. Non possiamo stringerci la mano, vedere amici e famigliari. I gesti, come un abbraccio o un bacio, scompaiono momentaneamente. All’assenza del linguaggio del corpo, a una carezza al proprio figlio o madre, bisogna sopperire con la potenza delle parole: esprimersi, riscoprire la profondità del linguaggio, è l’unico salvagente per poter riaffermare la potenza dell’amore. Ed è proprio questo sentimento l’unico che ci può davvero salvare.

Se proviamo amore per gli altri allora capiamo che per il bene degli altri dobbiamo compiere alcune scelte. Anche smettere di andare a correre, pensare che questo periodo sia una vacanza, e comportarsi secondo le direttive diventa un simbolo d’amore profondo… affinché la vita ritorni a essere il centro della nostra società.