Mafie

Mafie in Veneto, il ministero dell’Interno non scioglie il comune di Eraclea. L’ex sindaco fu arrestato nel blitz sui Casalesi

La ministra Lamorgese ha stabilito che l'amministrazione comunale, pur pesantemente coinvolta nel procedimento penale, non aveva subito negli anni un condizionamento tale da parte della cosca, da comprometterne l'integrità amministrativa

Il Comune di Eraclea non sarà sciolto per mafia. A quattro mesi dalla richiesta del prefetto di Venezia, che sembrava prefigurare un provvedimento drastico a seguito delle inchieste e degli arresti, il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese ha stabilito che l’amministrazione comunale, pur pesantemente coinvolta nel procedimento penale, non aveva subito negli anni un condizionamento tale da parte della cosca dei Casalesi, da comprometterne l’integrità amministrativa. Così la scure non cala su Eraclea, che potrà andare al voto regolarmente, non appena si aprirà una finestra elettorale.

La decisione del ministro era stata annunciata per il 18 marzo ed è arrivata puntale, anche se si discosta da quello che gli stessi esponenti delle istituzioni avevano fatto ritenere. Il procuratore della Repubblica di Venezia, Bruno Cherchi, non più tardi di due mesi fa, aveva confermato che dalla Prefettura di Venezia era partita una richiesta in tal senso. Il ministro potrebbe aver valutato anche la situazione di emergenza che si è creata in Italia e ha chiuso senza strappi la procedura avviata la scorsa estate, che in autunno aveva portato alle conclusioni del prefetto Vittorio Zappalorto. L’istruttoria nasceva dopo il blitz di un anno fa con l’arresto di una cinquantina di persone (già sotto processo), tra cui anche l’ex sindaco Mirco Mestre.

Per sciogliere un Comune, in base al comma 1 dell’articolo 143 del testo unico degli Enti Locali, devono esistere “concreti, univoci e rilevanti elementi su collegamenti diretti o indiretti con la criminalità organizzata di tipo mafioso o similare degli amministratori… ovvero su forme di condizionamento degli stessi, tali da determinare un’alterazione del procedimento di formazione della volontà degli organi elettivi ed amministrativi e da compromettere il buon andamento o l’imparzialità delle amministrazioni comunali”. Secondo il ministro queste condizioni non ci sono, nonostante il sindaco in carica sia stato arrestato, e l’ex sindaco Graziano Teso, ma vicesindaco in carica al momento del blitz, sia stato indagato di collusioni con la cosca presente a Eraclea da anni. Si tratta dei Casalesi che avevano come capo indiscusso l’imprenditore Luciano Donadio, il quale – secondo le accuse dei pubblici ministeri veneziani – si era speso per portare voti al sindaco Mestre (eletto per una manciata di una ottantina di voti) e aveva aiutato anche Graziano Teso.

Il ministro ha sostenuto nel provvedimento che anche il prefetto Zappalorto era sulla stessa linea, ma dalla Prefettura di Venezia, pur senza dichiarazioni ufficiali, arrivano segnali diversi. Il prefetto avrebbe suggerito lo scioglimento del Comune, preoccupato per il clima che si è stratificato nel tempo, con collusioni diffuse ad ampio raggio.

Ai vertici del Comune rimangono quindi i commissari, cui spetta il compito della gestione fino alle prossime elezioni. “E’ una decisione che mi sorprende, soprattutto per quanto era stato dichiarato negli ultimi tempi. – ha dichiarato Nicola Pellicani, deputato veneziano del Pd – Comunque gli impianti accusatori restano inalterati”. E ha aggiunto: “Che ci siano delle infltrazioni appare evidente, e non solo a Eraclea. La missione della Commissione parlamentare antimafia a Eraclea era servita per ribadire la presenza delle mafie nel litorale, Camorra compresa“.