Tecnologia

Economia circolare, la Commissione europea punta sul diritto alla riparazione per smartphone, tablet e portatili

Come parte del proprio Patto Verde Europeo, l'Unione europea ha deciso di puntare sull'economia circolare, introducendo il concetto di "Diritto alla riparazione", che dovrebbe spingere le aziende a creare prodotti che durino più a lungo e che possano essere facilmente riciclati o riparati.

L’Unione europea ha adottato un nuovo piano d’azione per l’economia circolare, come parte dello sforzo teso a raggiungere gli obiettivi di crescita sostenibile promessi nel Patto Verde europeo. Tra le altre cose, il piano introduce un disegno di legge per il “diritto alla riparazione” che, almeno nelle intenzioni, dovrebbe spingere le aziende a creare prodotti che durino più a lungo e che possano essere facilmente riciclati o riparati. La Commissione europea spera che questa nuova norma coprirà smartphone, tablet e notebook entro il 2021.

La legge dovrebbe imporre una progettazione che sia più sostenibile per questo genere di dispositivi, stabilendo nuovi standard tecnici in modo che essi siano riparabili e dotati di parti sostituibili. Sostanzialmente si tratta di un’estensione ai dispositivi hi-tech delle norme già introdotte lo scorso ottobre dalla legge sulla progettazione ecocompatibile per gli elettrodomestici e che impone alle aziende di fornire parti di ricambio per i propri elettrodomestici per un massimo di 10 anni. Il disegno di legge “diritto alla riparazione” per smartphone e laptop non impone però tale periodo di tempo, ma spinge invece per l’adozione di un design più sostenibile.

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“Nell’ambito di questa iniziativa legislativa e, dove necessario, attraverso proposte legislative complementari, la Commissione prenderà in considerazione l’istituzione di principi di sostenibilità e altri modi adeguati per regolare i seguenti aspetti:

Stando a quanto dichiarato dal commissario europeo per l’ambiente Virginijus Sinkevičius l'”economia circolare” sarà il nuovo modello economico del continente europeo perché altrimenti l’Unione europea non sarà in grado di raggiungere il suo obiettivo di emissioni zero entro il 2050.