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Coronavirus, Paolo Crepet: “Per il governo dovrei essere chiuso nel gabinetto perché ho più di 65 anni”

Intervenendo ai microfoni di “L’Italia s’è desta” su Radio Cusano Campus, lo psichiatra ha commentato le raccomandazioni del Comitato tecnico-scientifico del governo per l'emergenza coronavirus, lanciando qualche stoccata

“Secondo il governo io, perché ho più di 65 anni, dovrei essere chiuso nel gabinetto e mi dovrebbero passare la minestrina da sotto la porta. Questo si chiama panico”. A parlare è lo psichiatra Paolo Crepet che, intervenendo ai microfoni di “L’Italia s’è desta” su Radio Cusano Campus, ha commentato le raccomandazioni del Comitato tecnico-scientifico del governo per l’emergenza coronavirus, lanciando qualche stoccata.

″È evidente che tutto questo ha un senso per chi è sintomatico, per chi non è sintomatico vuol dire paralizzare la nazione – ha detto Crepet -. Che facciamo? Andiamo col metro sui mezzi pubblici per stare a distanza di sicurezza. Allora chiudiamo tutto, se il presidente Conte ha un tesoretto tale per cui a giugno rifonde le centinaia di migliaia di miliardi di danno, ce lo dica. Io abito a Trastevere a Roma, quartiere pieno di locali. Io sono andato a pranzi, a cene, al cinema, non ho visto quello che fanno vedere le tv. Una trasmissione in cui ero ospite ha fatto vedere un ristorante dove non ci sono neanche i coperti, non c’è neanche un cameriere. L’immagine che dai è quella della peste veneziana. Questo è falso, è comunicazione falsa. Tu non puoi rappresentare solo quello”.

“Io ieri sera sono andato a mangiare in un ristorante greco ed era mezzo pieno, considerando che era un giorno in mezzo alla settimana – ha proseguito lo psichiatra -. Sabato a quello stesso ristorante mi hanno cacciato via perché era pieno. Questo è l’effetto a catena da cui non si sa come uscire. Abbiamo cancellato Vinitaly, perché lo facciamo? Perché adesso la mostra di Raffaello alle Scuderie del Quirinale verrà posticipata?”, ha continuato Crepet. “Bisogna chiudere dove ci sono i focolai, ma solo lì. Perché i giornalisti scrivono ‘due casi a Roma’ quando sono due casi a Pomezia? Pomezia è un paesotto circoscrivibile, Roma è una metropoli impossibile da circoscrivere e avrebbe una devastazione mondiale”.

Poi non ha risparmiato attacchi alle autorità sulla gestione dell’emergenza: “Un Paese serio non fa 17 conferenze stampa al giorno. Questo è vomitevole. Che ogni segretario piuttosto che sottosegretario si permetta di fare la sua conferenza stampa come se fossimo diventati tutti virologi, dopo che abbiamo combattuto una battaglia per far fare i vaccini ai nostri bambini. Un Paese serio ha un’autorità sanitaria suprema che fa ogni giorno il bollettino, questo signore deve essere l’unico a parlare, tutti gli altri devono stare zitti. Qui ognuno dice la sua, anche sul numero dei morti… Andiamoci piano perché ancora non sono state fatte le autopsie”, ha spiegato Crepet.

E sui rapporti umani dopo il coronavirus ha incalzato: “Nessuno sa cosa accadrà dopo perché gli effetti del panico durano molto di più del virus. Quando ci fu il problema dei polli, non mangiammo polli ben oltre la data della fine dell’epidemia. Per non parlare della mucca pazza. Bisogna cercare di fare una differenza tra le bufale e la verità. Ho sentito il mio amico Sgarbi… Meglio che parli di Michelangelo e lasci stare i virus. Quando dice che a Codogno non c’è il virus fa dei danni, perché il virus a Codogno c’è. Quando ci saranno anticorpi a Codogno, saranno sani e salvi. E questo accadrà perché i tempi non sono infiniti”, ha concluso.