Cronaca

Agrigento, il parco della Divina Commedia (chiuso da anni) è da restaurare. Ma l’artista che lo creò chiede mezzo milione

Si tratta un’opera mistica nata dall’idea dell’artista italo argentino Silvio Benedetto che per una serie di vicissitudini è rimasta inaccessibile al pubblico nonostante il successo

“Lasciate ogni speranza o voi ch’entrate”. Rappresenta più di una profezia la frase tratta dall’Inferno di Dante, impressa in uno dei 110 monoliti di travertino che già si avvistano percorrendo la strada d’ingresso di Campobello di Licata, piccolo paese tra Agrigento e Caltanissetta. Lì ha sede il Parco della Divina Commedia, un’opera mistica nata dall’idea dell’artista italo argentino Silvio Benedetto che per una serie di vicissitudini ora ha bisogno di essere restaurata. L’unico a poterlo fare è il creatore e l’importo per farlo supera il mezzo milione di euro. Ecco la storia

Una scalata originale che parte dalla “selva oscura” per arrivare fino al Paradiso, il cui destino è stato segnato da mille peripezie. Era il 1999 quando venne inaugurata l’opera, volta ad attrarre turisti, ma in seguito chiusa per incantare solo da lontano. A serrare i battenti, ufficialmente per tagliare le spese, furono i commissari straordinari, arrivati dopo lo scioglimento per mafia del Comune avvenuto nel 2006, quando venne arrestato e processato l’ex sindaco Calogero Gueli, alla fine assolto. I commissari straordinari non guardarono in faccia nessuno, neppure l’indotto economico che arrivava da quell’opera unica che in tre piani riesce a raccogliere le opere basate sulle famose raffigurazioni di Gustave Dorè, ma reinterpretate in forma nuova da Silvio Benedetto. Eppure non mancavano i visitatori: “Dal 2002 al 2005 – racconta l’artista e musicista Tano Avanzato – eravamo riusciti a raggiungere i 10mila ingressi annui e il percorso era in costante ascesa con turisti dall’estero e numerose scolaresche. Siamo sicuri – racconta il musicista che guidava i turisti nel parco – che i numeri sarebbero ancora aumentati, ma poi tutto terminò all’improvviso”.

Chiusi i battenti rimangono le promesse di riapertura, ma quel parco non gode di una buona sorte. Dopo la successiva amministrazione durata appena un anno e la sfiducia che provocò un nuovo commissariamento, nel maggio del 2012 è Giovanni Picone a sedere sullo scranno di primo cittadino e il suo obiettivo è quello di rendere di nuovo il parco un punto turistico. Ma in quella “Serva Italia, nave senza cocchiere” dei lavori, per molti giudicati futili, finanziati dalla Regione europea per migliorare la fruibilità del luogo, bloccarono ancora il luogo per diversi anni: un periodo, che unito agli altri anni, porta le persone e i tour operator a dimenticarsi del posto. Terminati i lavori, il sindaco, affida l’incarico per creare un bando per l’affidamento a un funzionario comunale che però verrà arrestato nel 2017 per un giro di mazzette. Il nuovo funzionario è adesso sulla via della pensione e adesso è tutto bloccato.

“Il nostro intento è quello di affidare l’opera in gestione a privati – spiega l’attuale sindaco – ma oggi siamo bloccati per via dei lavori più urgenti che bloccano l’azione degli uffici. Il nostro pensiero maggiore è per lo stato dell’opera, che si sta deteriorando e il Comune, in piano di riequilibrio finanziario, non ha i soldi per recuperarla, servirebbero degli sponsor”. Sì, perché mentre i soggetti all’interno del Comune vengono arrestati, e i commissari si susseguono, a quasi venti anni dalla sua inaugurazione (e soli 5 anni di effettiva fruizione) le opere, per diverso tempo lasciate all’incuria, oggi sono da restaurare. Ma per il suo restauro, che per legge deve essere effettuato dallo stesso artista proprietario dei diritti dell’opera, vengono richiesti più di 510mila euro. Così, mentre la burocrazia fa il suo corso, alla riapertura del parco i monoliti già scoloriti potrebbero essere ormai irriconoscibili.