Scuola

Università, i prof vogliono ‘disintossicare’ gli atenei. Ma il declino non dipende certo da burocrazia e valutazioni

di Giambattista Scirè*

Il manifesto dei duecento (ora cinquecento) professori universitari dal titolo “Disintossichiamoci” sostiene che sarebbero due i principali responsabili del declino dell’istituzione universitaria italiana: l’eccessiva burocratizzazione e l’asservimento alle logiche di mercato, attraverso il mantra della ‘valutazione’ (Anvur, Invalsi, Ava, Gev, Vqr, Asn e via discorrendo). Si tratta di una presa di posizione auto consolatoria e che cerca di assolversi dai danni provocati, in primis, dal mondo accademico, e poi anche dalla politica. “Trasparenza e Merito. L’Università che vogliamo”, l’associazione che rappresento e che è composta da circa 500 docenti e ricercatori che hanno deciso di contrapporsi con ricorsi e denunce ai tanti episodi di “mala università” diffusi negli atenei italiani, sostiene che i veri motivi che, da decenni ma soprattutto negli ultimi anni, hanno sancito la morte dell’Università siano altri.

Una delle caratteristiche peculiari dell’università pubblica italiana è il suo eccessivo clientelismo, che ha limitato fortemente la diffusione dei criteri del merito scientifico che vigono nei più importanti atenei del mondo. Gran parte dei finanziamenti pubblici è stata utilizzata, per decenni, ad alimentare la corruzione, mediante una serie di concorsi predeterminati e pilotati che hanno creato, attraverso lo scambio di favori, un sistema chiuso, autoreferenziale, nepotistico e familistico. In realtà, il reclutamento truccato non è il problema principale ma è il modo attraverso cui viene creato il consenso che porta i rettori e gli organi direttivi degli atenei e dei dipartimenti a gestire risorse pubbliche con metodi che favoriscono individui, gruppi, lobby in modo assolutamente non trasparente, spessissimo irregolare, in certi casi del tutto illegale.

Occorre, dunque, agire con azioni di contrasto a più livelli. Come? Il primo intervento deve essere sulla “governance” e l’elezione delle cariche direttive, a partire da quella di rettore (e poi a cascata del consiglio di amministrazione, del senato accademico, dei nuclei di valutazione, etc). Per quale ragione l’elezione del rettore deve avvenire, come accade oggi, su base oligarchica, e perché una minoranza (docenti ordinari e associati, messi in cattedra in passato e ancora oggi con i metodi di “cooptazione” che sappiamo) deve decidere tutto? Si democratizzi l’elezione del rettore, dando lo stesso valore al voto del personale tecnico-amministrativo e soprattutto agli studenti. In questo modo avremmo una elezione vera e cambierebbero totalmente i rapporti di forza che limiterebbero la corruzione.

In secondo luogo, si intervenga sul reclutamento in due modi: ruolo unico della docenza, in modo tale da eliminare e ridurre le occasioni di abusi e illegalità ovvero i tanti concorsi locali tutti predeterminati e decisi prima dell’esito, e si mettano regole e paletti più ferrei per il concorso di ingresso in ruolo – magari nazionale – con commissioni formate da molti più membri, sorteggiati realmente (e non un sorteggio su quei pochi che avanzano la candidatura), con criteri che limitino l’attuale discrezionalità, anzi arbitrio assoluto delle commissioni. In terzo luogo, si usi lo “streaming” in tutte le fasi del concorso, filmando le sedute dei commissari, le prove dei candidati. Insomma tutto deve essere trasparente e visibile da parte dei cittadini.

In quarto luogo, si attivi un reale ruolo di controllo e garanzia del Ministero (che non può essere un baraccone che dà solo i fondi e poi, per colpa di una autonomia degli atenei che è diventata anarchia e possibilità di fare tutto, anche gli abusi, cioè “far west”, lascia fare qualsiasi cosa). Per esempio gli atenei dovrebbero essere obbligati ad eseguire le sentenze della magistratura (dalle quali la politica dovrebbe prendere spunto per imporre il rispetto delle leggi e per modificare quelle leggi sull’università che non funzionano), dovrebbero essere obbligati ad interdire i docenti coinvolti in abusi, dovrebbero essere obbligati ad applicare il piano anti-corruzione dell’Anac, e dovrebbero essere previste multe e sanzioni pesantissime a livello economico, con sospensione dall’incarico per chi ha commesso reati.

Partiamo da qui, da alcune proposte precise a costo zero che www.trasparenzaemerito.org ha fatto da tempo e continua a fare alla politica, predicando nel deserto, ma avendo dalla propria parte l’appoggio assoluto dell’opinione pubblica per ridurre al minimo la possibilità di corruzione negli atenei e per cambiare una volta per sempre questa università. Aggiungo che, senza queste imprescindibili modifiche che restituiscano una dignità e una pulizia all’immagine del mondo accademico agli occhi dei cittadini, qualsiasi aumento di fondi in dotazione agli atenei sarebbe solo soldi sprecati e dati in pasto a chi li gestisce in modo abusivo e distorto.

* Ricercatore universitario, amministratore e portavoce dell’Associazione Tra-Me