"Per capire fino in fondo", scrive il giornalista e scrittore nel volume edito da Solferino, "la storia millenaria delle disabilità, già studiata, elaborata, approfondita, insegnata, scritta in tanti libri, molti dei quali magnifici, vale forse la pena di ricostruire anche le vicende personali dei protagonisti di questo mosaico collettivo”
Per gli indiani d’America le persone con disabilità vanno protette perché mediatori della comunità col mondo ultraterreno degli spiriti. Il filosofo Peter Singer, invece, è arrivato a teorizzare la necessità di eliminarli fisicamente. I pittori Henri de Toulouse-Lautrec e Vincent Van Gogh, rispettivamente nano ed epilettico, sono diventati maestri dell’impressionismo e dell’arte a livello mondiale. Si racconta che Appio Claudio, console romano che fece costruire la celebre Via Appia, seppur cieco controllasse gli sviluppi dei lavori camminandoci sopra a piedi nudi. Il poliomelitico presidente degli Stati Uniti Franklin Delano Roosevelt è rimasto al potere nonostante la malattia e, come racconta la storia, ha vinto la Seconda guerra mondiale in sedia a rotelle. Di Charles De Gaulle si dice che ha amato e accudito una figlia con sindrome di Down. Mentre J.F.Kennedy non fece lo stesso con la sorella Rosemary Kennedy.
I disabili sono 650 milioni e sarebbero la terza nazione del mondo – Stella cita, tra gli altri, ancora Papa Francesco: “E’ il mondo intero ad essere dominato dalla ‘cultura dello scarto’. Oggi tutto entra nel gioco della competitività e della legge del più forte, dove il potente mangia il più debole. Come conseguenza grandi masse di popolazione si vedono escluse ed emarginate: senza lavoro, senza prospettive, senza via d’uscita. Si considera l’essere umano in se stesso un bene di consumo, che si può usare e poi gettare” ha scritto Bergoglio. Lo storico Matteo Schianchi ha fatto presente nel suo libro intitolato “La terza nazione del mondo” che “secondo le stime dell’ONU in tutto il mondo le persone con disabilità sono 650 milioni: un dato che corrisponde al 10% della popolazione globale. Tutte insieme, popolerebbero la terza nazione del pianeta dopo Cina e India”. Secondo l’Osservatorio nazionale sulla salute ci sono circa 4 milioni e mezzo di persone con disabilità che vivono in Italia, delle quali oltre 2 milioni e mezzo sono over 65 e risiedono al Sud, più del 30% vive da solo e soltanto uno su quattro ha un lavoro. Stella riporta nel libro che “per capire fino in fondo la storia millenaria delle disabilità, già studiata, elaborata, approfondita, insegnata, scritta in tanti libri, molti dei quali magnifici, vale forse la pena di ricostruire anche le vicende personali dei protagonisti di questo mosaico collettivo”.
La storia è costellata di vite che hanno dovuto lottare per essere rispettate. Tra loro c’è Rosemary, la figlia “ritardata” nascosta dai Kennedy. Prima donna della famiglia dopo Joseph (morto in un volo di addestramento nel 1944) e John (assassinato a Dallas nel 1963), Rosemary è nata nel 1918. I genitori del futuro presidente americano, come era uso all’epoca, decisero per il parto in casa ma qualcosa per Rose andò storto: la sua nascita fu posticipata tenendola in debito di ossigeno per un paio d’ore. La ragazza crescendo era più lenta a gattonare, faticava a camminare fino a non parlare correttamente come i suoi otto tra fratelli e sorelle. “Fu detto a mia madre che col tempo avrebbe recuperato. Ma non successe. Rosemary era mentalmente ritardata” disse nel 1962 la sorella Eunice in un articolo pubblicato decenni dopo la sua nascita su The Saturday Evening Post. Quando la famiglia si trasferì a Londra perché Roosevelt inviò il padre Joseph P. Kennedy come ambasciatore americano nel Regno Unito, Rose venne presentata persino al re Giorgio VI e alla moglie Elizabeth, madre della futura regina Elisabetta II. Quando poi i Kennedy tornarono negli Usa nel 1941, la ragazza non faceva progressi ma anzi continuava a peggiorare la propria condizione. “A 22 anni stava diventando sempre più irritabile e difficile. Tutti dissero che le sue condizioni non sarebbero migliorate e che sarebbe stata molto più felice in un istituto” rivelò Eunice. Così la ragazza venne mandata in un istituto e fino al 2005, quando morì, è potuta uscire dalla struttura solo rare volte. Una triste storia di emarginazione che purtroppo è ancora di attualità e che riguarda migliaia di persone con disabilità soprattutto intellettiva e con deficit di comportamento. Eunice, a differenza del fratello John, decise però di aiutare le persone con disabilità nel migliorare la loro qualità di vita promuovendo insieme al marito Sargent Shriver gli Special Olympics. Anche questo un piccolo tassello nella lunga serie di battaglie per “cambiare la storia”.