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Libia, Conte dopo il vertice sulle missioni militari: “Non forniremo armi o soldati per alimentare il conflitto” in Libia

Al termine dell'incontro a Palazzo Chigi sul tema delle missioni italiane all'estero tra il governo e i capigruppo di maggioranza e opposizione, in una nota Giuseppe Conte detta la linea di Roma, soprattutto sul dossier libico. E guarda alla conferenza di Berlino del 19 maggio come alla prossima occasione per fare un primo passo verso la pace nel Paese

Solo un processo politico può portare alla pace in Libia, il governo italiano non appoggerà la soluzione militare e, soprattutto, non è disponibile “a fornire armi o militari per alimentare un conflitto armato”. Sono questi i passaggi principali della nota diffusa da Palazzo Chigi dopo la riunione tra il governo e i capigruppo di maggioranza e opposizione sul tema delle missioni italiane all’estero e di un nuovo aumento della tensione in Medio Oriente e Nord Africa.

Il concetto che viene ribadito nel documento è che l’Italia vuole avere un ruolo da protagonista nel processo di pace in Libia, ma senza che questo significhi impegnarsi militarmente o fomentare ulteriori scontri sul campo: “L’Italia ha fatto una scelta ben precisa – si legge – Siamo disponibili a investire tutto il nostro capitale per indirizzare gli attori libici e la comunità internazionale verso una soluzione politica, ma non siamo disponibili a fornire armi o militari per alimentare un conflitto armato”. Una precisazione, quella di Palazzo Chigi che arriva poche ore dopo le dichiarazioni del presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, che in giornata dal Cairo, dove ha incontrato il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi, aveva dichiarato: “Non escludiamo affatto la possibilità” di mandare altri soldati italiani in Libia, “ne discuteremo a Berlino e se ci saranno le premesse l’Italia è disponibile. Ma non manderemo uno solo dei nostri ragazzi se non in un contesto di sicurezza e con un mandato chiaro”.

Nessuna disponibilità, però, a far posare ai soldati italiani gli scarponi sul terreno, se non a supporto di un’eventuale missione di pace sotto l’egida dell’Onu. Ipotesi più volte messa sul tavolo dal ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, che nelle scorse settimane, proprio in riferimento al conflitto libico, auspicava l’invio di “Caschi blu europei” come deterrente contro una nuova escalation. Il capo del governo aveva anche dichiarato, nelle scorse settimane, che nel caso in cui il conflitto si dovesse intensificare e la crisi umanitaria diventare grave, un’intervento della comunità internazionale sarebbe diventato necessario, senza precisare il tipo d’intervento.

“Sulla Libia, la linea italiana è perfettamente coerente – si spiega nel documento – L’unica soluzione sostenibile è quella politica, ogni tentazione di imporre l’opzione militare è destinata al fallimento e comunque inaccettabile”. Riguardo a questo, il presidente del Consiglio puntualizza che negli incontri avuti con il generale Khalifa Haftar, sostenuto da Russia, Egitto ed Emirati Arabi, in contrapposizione a Fayez al-Sarraj, premier del Governo di Accordo Nazionale riconosciuto dalla comunità internazionale, l’uomo forte della Cirenaica “mi informò della iniziativa militare. Gli dissi subito che stava commettendo un grave errore. Gli dissi che la violenza avrebbe generato altra violenza, sofferenze alla popolazione civile e avrebbe attirato terroristi anche da altri scenari di guerra”.

Al fine di portare avanti il processo di pace, Conte mette al centro la conferenza di Berlino che si terrà il 19 gennaio e alla quale, tra gli altri, parteciperanno anche Sarraj e Haftar: “Anche Putin ed Erdogan (principali alleati rispettivamente di Haftar e Sarraj, ndr) dovrebbero partecipare alla Conferenza, a dimostrazione del loro forte coinvolgimento in questo processo. Questo non significa che parteciperemo tutti alla Conferenza sulla base di una medesima agenda”.

Poi, come già fatto nel corso del bilaterale tenutosi ad Ankara con il presidente turco, Recep Tayyip Erdoğan, nella nota trova spazio anche un riferimento a quegli attori, Turchia, Russia, Egitto ed Emirati su tutti, che hanno tenuto un atteggiamento più spregiudicato sul fronte libico: “Il nostro Paese non ha agende nascoste, questa è la nostra forza. Con qualsiasi attore straniero non ho mai avuto linguaggio o contenuti differenti, la nostra credibilità dipende anche dal fatto che abbiamo avuto sempre una linearità e coerenza di azione e obiettivi”, si legge.

“In queste settimane e in questi giorni – ha poi concluso – ho sentito Putin due volte e ho incontrato Erdogan e al-Sisi e ho mantenuto un costante contatto con gli altri leader europei. Stiamo lavorando con la massima concentrazione e determinazione per rafforzare il ruolo dell’Ue quale migliore garanzia per un futuro autonomo e indipendente della Libia, privo di ingerenze esterne. Allo stesso tempo rimane fondamentale la consultazione con gli Stati Uniti, utile anche per un efficace coordinamento in vista della conferenza di Berlino”.