Economia & Lobby

Dieselgate, Volkswagen apre ai risarcimenti: 440mila clienti hanno chiesto indennizzi. Azienda: “Trattative appena avviate”

A renderlo noto è stata la stessa casa automobilistica in una nota. A settembre la società di Wolfsburg si era trovata a rispondere ad altre accuse arrivate proprio dalla procura di Braunschweig che aveva citato in giudizio i vertici del gruppo per manipolazione del mercato

Volkswagen apre ai risarcimenti per lo scandalo Dieselgate. Lo rende noto la stessa casa automobilistica in un comunicato con cui spiega che l’azienda e l’associazione federale dei consumatori vogliono avviare la discussione per la transazione. I pagamenti potrebbero interessare tutti i 440mila clienti che, dopo lo scoppio dello scandalo sui software che modificavano i dati sulle emissioni dei motori diesel, hanno chiesto di essere risarciti dal colosso dell’auto tedesco, con il procedimento giudiziario che è arrivato alla corte d’appello di Braunschweig. “Le discussioni sono appena iniziate e niente garantisce che si concluderanno con un accordo – sottolinea la casa automobilistica tedesca – Le due parti hanno convenuto che le discussioni resteranno riservate” per arrivare a “una soluzione pragmatica nell’interesse dei clienti”.

A settembre la società di Wolfsburg si era trovata a rispondere ad altre accuse arrivate proprio dalla procura di Braunschweig che aveva citato in giudizio i vertici di Volkswagen per manipolazione del mercato. Secondo i pm, gli alti dirigenti hanno informato gli investitori “deliberatamente troppo tardi” sui rischi del Dieselgate. In particolare, l’accusa è rivolta al presidente del Consiglio di sorveglianza, Dieter Poetsch, all’amministratore delegato, Herbert Diess, e all’ex amministratore delegato, Martin Winterkorn.

Secondo la procura, i dirigenti non hanno diffuso, o comunque lo hanno fatto troppo tardi, le informazioni dovute al mercato sui “rilevanti obblighi di pagamento del gruppo, nell’ordine di miliardi, risultanti dalla scoperta del cosiddetto ‘scandalo-diesel’”, avendo in tal modo “influenzato illecitamente le quotazioni in Borsa dell’azienda”.