Cronaca

Torino, libreria storica sfrattata dopo 43 anni per un supermarket: lancia petizione e raccoglie 700 donazioni. “Il paradosso? Non siamo in crisi”

Dopo 43 anni, la nostra libreria sarà sfrattata non dalla crisi, ma dalla speculazione immobiliare che porterà in questi locali un supermercato”. La libreria Comunardi è uno storico punto di riferimento della vita culturale e politica torinese. È stata fondata nel 1976 da Paolo Barsi e la sua storia si intreccia con quella della città: “Qui venivano studenti, operai, militanti politici in un momento effervescente per una società che chiedeva un cambiamento” ricorda il fondatore mentre riordina i libri nella sezione politica. È proprio questo il cuore pulsante della libreria insieme a quelle di storia e filosofia. Ma ci sono anche grandi spazi dedicati all’immagine come le “graphic novel”: “Una scelta non scontata se si pensa che negli anni Settanta i fumetti venivano considerati come letteratura di serie Z”. Con il passare degli anni la libreria è cresciuta sempre di più mantenendo però l’assetto originale mentre la città attorno a lei cambia sotto la spinta della “gentrification”. “È un processo di espulsione delle tipologie merceologiche che non producono profitti alla rendita – analizza Barsi – noi siamo in affitto da sempre ma adesso la società immobiliare proprietaria dei locali vuole sostituirci con un supermercato che pagherà il 70% in più del valore attuale”. Un affitto insostenibile per la libreria che a gennaio dovrà abbandonare lo spazio che per 43 anni ha ospitato i suoi volumi. “Il paradosso è che non siamo in crisi per il calo dei libri, ma siamo costretti comunque ad abbassare la saracinesca a gennaio per colpa di questo processo”. La petizione, che ha raccolto 82mila firme in un anno, non è bastata per fermare la chiusura. L’unica alternativa? Acquistare uno spazio alternativo nella stessa zona. Per questo è stata lanciata la campagna di Crowdfunding #savecomunardi che ha raccolto oltre settecento donazioni, per una valore stimato di circa 70mila euro tra raccolta online e somme lasciate in negozio. “Le istituzioni non sono potute intervenire – conclude Bardi – E per completare l’acquisto serve che la banca ci conceda un mutuo”.