Diritti

Aborto, a Caserta la clinica convenzionata ha finito i soldi e interrompe il servizio: “Donne costrette a vagare per ospedali”

Interruzione volontaria di gravidanza, la Casa di cura S. Anna (privata convenzionata) sospende il servizio per mancanza di fondi con ricadute sui servizi dell’intera Regione. Gravi disagi per le donne sono testimoniati da associazioni del territorio. L’Asl: “non ci risulta”

Impossibile abortire perché sono finiti i soldi. Succede a Caserta, nella Casa di cura Sant’Anna: struttura privata accreditata dalla Regione che da sola copre circa il 20% delle richieste di aborti della Campania e svolge un ruolo fondamentale in una Regione dove il 77% dei medici sono obiettori. Il servizio è stato bloccato, insieme agli altri forniti dalla clinica, per esaurimento della quota di budget fissata annualmente dall’Asl. Una situazione che, secondo le testimonianze dei centri antiviolenza e la rete Pro-Choice ha messo in difficoltà la cittadinanza, in un contesto dove è già complicato garantire il diritto all’interruzione di gravidanza: “Sappiamo di donne che proprio dal Casertano arrivano a Roma per interrompere la gravidanza”. Proprio l’Associazione spazio donne di Caserta ha assistito una ragazza che, dopo essere stata respinta dall’ospedale pubblico e poi da quello privato, è stata costretta ad andare a Benevento.

Diversa la versione del direttore generale dell’Asl di Caserta Ferdinando Russo che, intervistato da ilfattoquotidiano.it, sostiene non ci siano disagi: “Credo che l’offerta sia soddisfacente perché non ci è arrivato nessun grido d’allarme che dimostri che le donne della nostra Regione siano in difficoltà. Ma nel caso lo fossero, ce lo segnalino senza esitare in modo che si possa provvedere. L’interruzione volontaria di gravidanza è un diritto”. E sottolinea di aver avuto dai dirigenti del suo settore la garanzia che sia l’ospedale pubblico di Aversa che quello di Marcianise avrebbero coperto le richieste pure con il venir meno del servizio della S. Anna. Secondo il dirigente sono tre su sei i presidi ospedalieri che in Campania garantiscono l’IVG. Ma non sempre basta. Come a Piedimonte Matese dove un solo ospedale copre un bacino di 60.000 abitanti circa e non effettua servizio IVG. Ma anche su questo punto Russo dice: “Dopo essere usciti dal commissariamento stiamo cercando di riorganizzare la rete dei servizi sul territorio, inclusi i consultori”. E assicura che il budget per la Casa di cura S.Anna sarà alzato: “Credo avranno un incremento”.

Secondo le testimonianze raccolte dalle associazioni, invece, sono tante le donne che trovano ostacoli. “La struttura svolge un ruolo importante che supplisce alle gravi carenze degli ospedali pubblici dovute all’alta percentuale di obiezione di coscienza. La sospensione del servizio ricade a cascata su tutta la rete regionale”, ha dichiarato Carla Ciccone, di Pro-choice Rete italiana contraccezione e aborto, ginecologa in pensione dell’Azienda Moscati di Avellino. “Anche perché stanno andando in pensione molti ginecologi non obiettori e la situazione è destinata a peggiorare. La Regione inoltre non fornisce una pagina istituzionale con una mappa dei servizi, né un numero di telefono unico per le prenotazioni, e gli invii ai servizi sono affidati al passaparola”.

Le difficoltà sono testimoniate anche dall’Associazione Spazio donna di Caserta, centro anti-violenza a cui molte donne si rivolgono per avere assistenza e orientamento anche in questi casi che dovrebbero essere seguiti dai consultori. “Proprio in questi giorni”, ha raccontato una delle operatrici, “una giovane donna ci ha chiesto aiuto. Si era rivolta all’ospedale pubblico più vicino, quello di Piedimonte Matese, dove però sono tutti obiettori e non si effettua il servizio IVG. L’abbiamo supportata in estenuanti ricerche: non c’è un sito istituzionale con i recapiti e gli orari, se si telefona al presidio non risponde nessuno oppure si ricevono risposte del tipo ‘signora qui le portiamo avanti le gravidanze’. All’ospedale pubblico di Caserta, il S. Anna e S. Sebastiano, non c’era posto e l’hanno mandata al S. Anna privato, che però ha sospeso il servizio fino a fine anno. Finalmente la signora è riuscita a trovare posto all’Ospedale Gaetano Rummo di Benevento, dove però le hanno negato l’aborto farmacologico nonostante fosse al 44° giorno di gravidanza, quindi ancora pienamente in tempo. Anche dopo sue insistenze e richieste di spiegazioni, le hanno fissato l’intervento chirurgico a gennaio, senza motivazioni valide. Tutto questo avviene sistematicamente, senza contare i pregiudizi e le battutine continue. Negare un diritto è una forma di violenza”.

Stando ai dati raccolti dal Ministero della salute nella Relazione annuale sulla Legge 194/78, in Campania sono obiettori di coscienza il 77% di ginecologi e ginecologhe, il 65% di anestesisti, il 70% personale non medico. Le strutture che praticano interruzioni volontarie di gravidanza sono solo il 27% di tutte quelle in cui c’è un reparto di ostetricia e ginecologia o solo ostetricia, censite nell’ultima relazione annuale del ministero della Salute sulla applicazione della legge 194/78 (il dato non include gli Enti ecclesiastici civilmente riconosciuti che esercitano assistenza ospedaliera). Qui le liste d’attesa per l’IVG sono inferiori a due settimane solo nel 64,6% dei casi, il 22,4% delle richiedenti deve aspettare fino a tre settimane, e il 9,6% fino a un mese. In Campania ogni ginecologo non obiettore deve praticare in media 13,6 aborti a settimana, un dato elevato rispetto alla media nazionale di 1,2 (ed è sempre opportuno ricordare che, nel pubblico, lo stipendio del personale non obiettore è identico a quello dell’obiettore).