Diritti

“A casa nostra. Cronaca da Riace”, la graphic novel che racconta l’immigrazione in Italia con la bocca dei protagonisti

Il libro del giornalista e scrittore, Marco Rizzo, e dell’illustratore e autore, Lelio Bonaccorso, è il sequel di Salvezza, realizzato a bordo della nave Aquarius. All'interno, le storie di chi è riuscito a fuggire da guerra e povertà, esempi positivi e negativi di integrazione e un'intervista al sindaco di Riace, Mimmo Lucano

Avevamo lasciato, poco più di un anno fa, il giornalista e scrittore Marco Rizzo e l’illustratore e autore Lelio Bonaccorso alle prese con il lancio di Salvezza, la graphic novel nata dall’esperienza di tre settimane a bordo dell’Aquarius, la nave con cui gli operatori di Sos Méditerranée, in collaborazione con Medici Senza Frontiere, soccorrono i migranti nelle acque del Mediterraneo. Adesso li ritroviamo in libreria con il loro nuovo libro …A casa nostra. Cronaca da Riace (Feltrinelli Comics, 112 pagine, 16 euro): il sequel di Salvezza che nasce dalla volontà di andare a vedere personalmente, per poi poterlo raccontare, cosa è accaduto ai migranti che si sono salvati dopo essere sbarcati in Italia. Sullo sfondo i decreti Sicurezza voluti dall’ex ministro dell’Interno, Matteo Salvini, che ha adottato misure ancora più restrittive nei confronti dei migranti.

Il volume è un esempio straordinario di graphic journalism sul campo che mira a fare controinformazione, smentire le fake news che alterano la realtà, avvicinare alla lettura anche i più giovani e sensibilizzarli nei confronti di certe tematiche sociali. L’uso delle immagini unite alla parola scritta rende la comunicazione immediata e il fumetto diventa così un validissimo strumento che induce alla riflessione.

Il luogo scelto per il reportage è stata la Calabria e, in dieci giorni di viaggio, i due autori hanno raccolto storie aventi come protagonisti sia operatori sociali che migranti e hanno anche mostrato la realtà di tre luoghi simbolo dell’immigrazione in Italia: Riace, Gioiosa Ionica e la baraccopoli di San Ferdinando, a due passi da Rosarno.

Per chi non lo sapesse, la baraccopoli abusiva di San Ferdinando è sorta accanto ai campi in cui i migranti, assunti come manodopera a basso costo, vengono sfruttati per raccogliere frutta e verdura. Al suo interno vivevano circa 3mila persone in condizioni pessime, ai limiti della sopravvivenza, dato che non c’era né acqua, né luce, né servizi igienici. Alcuni sono morti bruciati solo per potersi riscaldare o sono stati uccisi, come l’attivista sindacale Soumaila Sacko. In questo microcosmo, dove si respirava un clima di disperazione e di rabbia, i migranti abitavano in baracche fatiscenti, costruite con materiali di fortuna, cartoni, plastica e lamiere, avevano creato negozi e avevano persino fatto nascere una moschea dove poter pregare. Il 6 marzo 2019, in un’operazione di polizia coordinata dal Viminale che ha coinvolto 600 agenti, la baraccopoli è stata distrutta e sfollata. Oggi è rimasta solo una discarica con tonnellate di rifiuti che lo Stato non riesce a smaltire, ma si prevede che risorgerà come in passato, soprattutto durante la raccolta delle arance.

Di Riace ne parla l’ex sindaco, Mimmo Lucano, al quale è stata fatta una lunga intervista inserita nel libro. Lucano si trovava a Caulonia nella casa che alcuni amici gli avevano messo a disposizione dopo che era stato sancito il divieto di dimora a Riace e, osservando le vignette, si nota un uomo visibilmente afflitto, non solo per le tristi vicende giudiziarie che lo hanno coinvolto, ma anche per il fallimento di “un sogno proletario di uguaglianza nella diversità”.

Adesso Riace è una città fantasma e i cittadini che vi abitano, ai quali è stato chiesto un parere, hanno delle opinioni divergenti sulla questione: c’è chi sostiene che per far ripartire il Paese “non servono i negri, ci vuole il turismo” e chi invece rimpiange quei fondi che facevano proliferare le attività e garantivano lavoro a tutti.

In queste zone vi sono anche realtà come Recosol (Rete dei Comuni Solidali) il cui Presidente è Giovanni Maiolo che dirige lo Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati) di Gioiosa Ionica dove lavorano diversi collaboratori, tra cui Blessing, una ragazza fuggita dal Delta del Niger e che adesso è diventata mediatrice culturale, è sposata con un ragazzo italiano e ha un figlio.

Oltre a quella di Blessing, commovente è la storia di Ishak, cristiano copto scappato da una piccola città nel governatorato di Alessandria che, dopo essere stato massacrato per un tatuaggio raffigurante un simbolo religioso, ha deciso di raggiungere l’Italia dove è stato accolto nel progetto di Gioiosa Ionica. Poi c’è Mohamed che aspetta impaziente il rinnovo del permesso di soggiorno perché a Riace sta bene e non vuole ritornare in Togo, quella del senegalese Buba che, dopo essere scappato dal suo paese perché reso schiavo, ha trovato la sua fortuna in Italia e oggi lavora in una pinseria in cui si trova benissimo e quella di Sherif che ha avuto esperienze simili a Buba e che adesso è stato adottato da una famiglia di Cosenza e fa il cameriere.

Rizzo e Bonaccorso, dando voce ai protagonisti, hanno fornito al lettore una realtà documentata nella quale si alternano storie di successo a tragedie e lo inducono a riflettere sulla pericolosità della politica dell’odio che non può essere necessariamente risolta con il cambiamento di un nuovo governo, ma con un nuovo modo di comunicare che dovrebbe coinvolgere anche insegnanti, intellettuali e famiglie aventi il compito di educare i propri figli al rispetto verso il prossimo. Il libro diventa così uno strumento di denuncia sociale nel quale si rivendica il diritto al dialogo per creare ponti che uniscano e non muri che dividano.