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Dal petrolio all’amido di mais, così l’azienda di plastica ha superato la crisi: “La riconversione ci ha salvato. Plastic tax? Va incentivato riuso”

Una foto appesa all’ingresso ricorda il vecchio stabilimento dell’azienda Industria Plastica Toscana (IPT). È stata scattata alla fine degli anni 70′ da un manutentore assunto da poco, con la passione per la fotografia. Si tratta di Graziano Chini, ormai da quarant’anni in azienda e attuale presidente della cooperativa che ha salvato l’azienda dal fallimento. “Quando abbiamo scattato questa foto producevamo con plastica proveniente da fonti fossili, da petrolio adesso facciamo la bioplastica da origine vegetale“, racconta Graziano Chini, “la riconversione ci ha salvato da una fine certa”.

L’azienda IPT di Scarperia (FI) produce i sacchetti compostabili delle principali catene dei supermercati, i film tecnici e i guanti per il reparto ortofrutta, prodotti che si decompongono in pochi giorni nell’impianto di compostaggio. Tutto in Mater-Bi derivante da amidi vegetali, come il mais e la barbabietola e usando inchiostri idrosolubili. Quasi niente viene buttato via nell’azienda, gli scarti di produzione vengono trasformati in granuli e immessi di nuovo nel circuito produttivo delle shopper di bioplastica. I macchinari vengono comprati usati, a circa 10 percento del prezzo di un equivalente nuovo, poi rimessi in funzione dai manutentori.

Un percorso verso la sostenibilità che nasce dalla crisi. Negli anni Novanta l’azienda era sull’orlo del fallimento. Nel 1994 è diventata una cooperativa e dal 2008 ha convertito la produzione ai biopolimeri, iniziando l’anno successivo a vendere bioshopper alla grande distribuzione. “Producevamo plastica ma tutti gli anni sempre meno, piano piano abbiamo iniziato questo processo lento di innovazione e conversione, che ci ha salvato da una fine certa”, spiega Chini, “nel 2007 eravamo 30 dipendenti, i primi quattro anni dopo la riconversione sono stati abbastanza tosti per recuperare gli investimenti necessari. Adesso abbiamo un fatturato di oltre 30 milioni di euro annuali e 66 dipendenti, speriamo di poter fare altre assunzioni nelle prossime settimane. Penso che le aziende che producono plastica dovrebbero considerare le soluzioni offerte dalla ricerca per diventare sostenibili, quando possibile”.

“Sulla plastic tax bisogna fare attenzione perché ci sono degli ambiti dove la plastica non può essere sostituita, come in ambito sanitario”, conclude Chini, “la plastica è un prodotto facilmente rigenerabile, bisognerebbe spingere per incentivare il riciclaggio, il recupero e il riuso: la plastica può essere utilizzata potenzialmente all’infinito, non si deve buttare”.