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Mafia, fermati vertici del mandamento di Brancaccio: “Alcuni boss e le loro mogli avevano il reddito di cittadinanza”

Dalle indagini,infatti, è emerso che le mogli di Stefano Marino e Nicolò Giustiniani avrebbero percepito il sostegno. Denaro che sarebbe arrivato mensilmente anche nei nuclei familiari di altri tre fermati: Ignazio Ficarotta, Pietro Di Paola e Angelo Mangano

Considerati esponenti di Cosa nostra ma percepivano il reddito di cittadinanza. È quello che emerge dall’operazione antimafia della squadra mobile e della procura di Palermo che ha portato al fermo di nove persone, accusate a vario titolo di associazione mafiosa, estorsione, associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, autoriciclaggio, danneggiamento fraudolento di beni assicurati e altro.

Le indagini che hanno assestato un duro colpo al mandamento di Brancaccio e fatto emergere il nuovo business di Cosa nostra: le lucrose truffe assicurative messe a segno con l’impiego degli spaccaossa. Uomini spregiudicati pronti a reclutare persone bisognose e ai margini della società disposte a farsi fratturare le ossa per incassare poche centinaia di euro a fronte di risarcimenti che arrivano anche a 100mila euro e che finivano nella casse di Cosa nostra.

Ai soldi che arrivavano dal traffico di stupefacenti e dalle truffe, però, cinque degli indagati sommavano anche il reddito di cittadinanza. Dalle indagini,infatti, è emerso che le mogli di Stefano Marino e Nicolò Giustiniani avrebbero percepito il sostegno. Denaro che sarebbe arrivato mensilmente anche nei nuclei familiari di altri tre fermati: Ignazio Ficarotta, Pietro Di Paola e Angelo Mangano.

La maxi operazione antimafia è l’epilogo di una complessa attività d’indagine, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia della Procura di Palermo e effettuata dalla squadra mobile sul mandamento mafioso di Brancaccio e sulle famiglie mafiose di Corso dei Mille e Roccella, che ha reso una inedita radiografia di Cosa Nostra e dei suoi interessi criminali. Accanto agli storici interessi per le rapine e lo spaccio di droga, capillarmente controllato anche attraverso l’ausilio di quadri intermedi, è emerso “come anche il lucroso mercato delle truffe assicurative richiamasse le attenzioni mafiose”.

In quest’ottica, è stato riscontrato come Cosa Nostra avesse esteso la sua “longa manus” “anche sul fenomeno criminale delle truffe assicurative, realizzate attraverso la violenta condotta criminale dei cosiddetti “spaccaossa” e del “sacrificio” di vittime scelte in contesti sociali degradati, disposte ad avere cagionate fratture gravissime”. “Si tratta di un desolante spaccato criminale già scoperto dalla Polizia di Stato nei mesi di agosto 2018 e aprile 2019, che portò all’arresto di decine di malviventi privi di scrupoli – dicono gli inquirenti -. E’ emerso adesso come a beneficiare delle laute liquidazioni del danno, conseguenti ai finti incidenti, fossero le casse di Cosa Nostra che introitavano grosse somme dedotte le “spese” di poche migliaia di euro da destinare agli “spaccaossa” e agli altri partecipi della messa in scena”.