Cronaca

Pordenone, disabile con un dito del piede fratturato in balia del pronto soccorso per quasi 9 ore. L’azienda sanitaria chiede scusa

Un'odissea cominciata alle 8e30 del mattino al punto di primo intervento dell'ospedale di Sacile e conclusa alle 17 al Santa Maria degli Angeli di Pordenone: la vicenda di un 40enne di Fontanafredda, affetto da una invalidità totale

Un disabile “sequestrato” per quasi nove ore al pronto soccorso, dove si era presentato per essersi procurato una frattura al dito di un piede, dopo essere caduto dalla carrozzina. Un’odissea che si è verificata tra il Punto di primo intervento dell’ospedale di Sacile e il Santa Maria degli Angeli di Pordenone. Alla fine l’Azienda sanitaria ha dovuto chiedere pubblicamente scusa per un caso di malasanità e di lentezza nell’accettazione in una struttura sanitaria.

A denunciare quanto accaduto è stato lo stesso 40enne di Fontanafredda, affetto da una invalidità totale, anche se riesce a spostarsi in modo autonomo (in auto). A Sacile è aperto un punto di pronto intervento diurno (quello notturno è stato sospeso tempo fa), per decongestionare il pronto soccorso di Pordenone e decentrare un servizio sul territorio. La vicenda è di alcuni giorni fa. Il 40enne prende l’auto alle 8.30 del mattino per farsi visitare a Sacile, visto che è caduto dalla carrozzina. A consigliargli di rivolgersi ai sanitari sono gli addetti alla riabilitazione che lo seguono. Sospettano la frattura di un dito del piede. Così l’uomo raggiunge Sacile, sede più comoda anche per il parcheggio. L’accoglienza promette tempi rapidi, visto che il caso è classificato come urgente. Tuttavia servono più di tre ore per le radiografie e la diagnosi che conferma la frattura. Intanto si è fatto mezzogiorno. I sanitari si accertano che il paziente possa raggiungere autonomamente il Pronto soccorso ortopedico di Pordenone, per le cure del caso, come richiesto dallo specialista di riferimento. L’uomo parte e raggiunge il capoluogo alle 12.30.

Qui viene preso in carico dall’accettazione e invitato a spostarsi in sala d’attesa. Gli dicono che verrà chiamato quanto prima. Quella che promette di essere un’attesa breve, si prolunga per ore. Inutile fare domande. Il codice di gravità non è più da urgenza. Inoltre, ci sono emergenze di altra natura e quindi deve aspettare. Alla fine viene visitato, ma quando fa ritorno a casa sono le 17, quasi nove ore dopo la partenza di buon mattino. L’attesa a Sacile è durata tre ore, a Pordenone quattro.

L’uomo decide che è stato superato il limite, anche se non vuole approfittarsi dello stato di invalidità, e così informa i giornali locali dell’odissea di cui è stato protagonista, per una lesione tutto sommato modesta. Il giorno dopo l’Azienda sanitaria numero 5 del Friuli si scusa ufficialmente, con un comunicato. “La direzione intende presentare le proprie scuse per il disagio sofferto, aggravato dalla condizione di disabilità del paziente stesso. Proprio sul tema della disabilità l’Aas5 è impegnata nell’individuazione e traduzione operativa di percorsi di accesso alle cure dedicati, che tengono in conto degli specifici bisogni delle persone con disabilità”. Poi la spiegazione: “Purtroppo nella giornata di lunedì nel Punto di primo intervento di Sacile e nel fast track ortopedico dell’ospedale di Pordenone si sono verificate delle concomitanze per lo stesso genere di patologie e per altre urgenze di livello maggiore che hanno rallentato le prestazioni verso il paziente in questione. Nonostante ciò, la direzione, consapevole dei carichi di lavoro dei propri professionisti ai quali rinnova la massima stima e delle priorità che dovevano essere perseguite, ma comprendendo il disagio causato al paziente, gli indirizza le sue più sentite scuse”.