Giustizia & Impunità

Fisco, procuratore Greco: “Se sei straniero e rubi una lattina vai in carcere, se sei un evasore ti devo ringraziare. Questa storia mi ha stancato”

“Sono stanco di essere preso in giro dalla storia che se sei un extracomunitario e rubi una lattina di birra vai in carcere e se sei un evasore ti devo pure ringraziare”. È un esempio estremo ma assolutamente appropriato quello scelto da Francesco Greco ha commentare l’andamento della lotta all’evasione fiscale nel nostro Paese. Proprio mentre il governo Conte 2 studia come incentivare l’uso di carte e bancomat per combattere l’evasione, il procuratore capo di Milano, già pm del pool Mani Pulite durante Tangentopoli, ha partecipato a un convegno sul tema organizzato dal Silp Cgil nell’aula magna del palazzo di giustizia di via Freguglia. “Spesso – ha spiegato Greco – mischiamo la lotta all’evasione con le politiche fiscali. La lotta all’evasione dovrebbe seguire un proprio percorso naturale e nessun governo ci dovrebbe mettere mano. Questo avviene in tutto il mondo tranne in Italia dove la lotta all’evasione è una variabile del governo e dove la parola riscossione sembra essere diventata eversiva”.

I numeri e le condanne: in carcere meno di un evasore su dieci – In effetti le parole di Greco trovano una conferma se si vanno a guardare i numeri dell’Istat sulle condanne definitive inflitte nel 2017. Su 207.000 mila sentenze inappellabili solo 3.222 sono state emesse per imputati colpevoli di evasione fiscale: si tratta quindi dell’1,5 percento delle condanne inflitte ogni anno. Una percentuale che scende ancora se passa allo step successivo: cioè la dentenzione dopo la condanna definitiva. Nelle carceri italiane sono detenute oggi meno di 70mila persone: tra queste quelle condannate per evasione fiscale – sempre secondo Istat – sono poco più di 200 e quindi lo 0,3% della popolazione carceraria. Se quindi ogni anno vengono condannate per evasione più di 3.200 persone, meno di una su dieci finisce in carcere. E se ci finisce lo fa per poco: in media tra i 4 e i 6 mesi di reclusione. Per questo motivo qualche giorno fa un altro magistrato – il procuratore capo di Livorno, Ettore Squillace Greco – ha detto al Fatto che “la questione non è l’aumento delle pene: bisogna concentrarsi sulla loro effettività. Allo stesso tempo, se alzare le pene serve a rendere utilizzabili certi strumenti investigativi come le intercettazioni, è utile. Ma è fondamentale l’effettività della sanzione penale e amministrativa: bisogna colpire i guadagni illeciti”.

Correttivi: pene più alte e Anagrafe rapporti finanziari – Proprio per colpire i guadagni illeciti sarebbe fondamentale l’utilizzo su larga scala della miniera di informazioni raccolte nell’Anagrafe dei rapporti finanziari. Uno strumento fondamentale per individuare i contribuenti che spendono troppo rispetto a quanto dichiarato e vanno controllati. “Oggi i dati sui conti correnti oggi sono praticamente inutilizzati a causa dei paletti messi dal Garante della privacy. E le Entrate, malgrado gli sforzi indubbi degli ultimi anni, non sono ancora del tutto pronte per usarli al massimo delle loro potenzialità”, ha detto al fattoquotidiano il vicedirettore del dipartimento di Economia a Milano Bicocca Alessandro Santoro, che di contrasto all’evasione si occupa da vent’anni come accademico e consigliere di diversi esecutivi. Il suo avvertimento è chiaro: se non si trova il modo di eliminare i paletti messi dall’authority a quella che in gergo tecnico si chiama “profilazione individuale del rischio fiscale“, premiare chi usa carte e bancomat invece del contante è cosa buona e giusta – nonché cruciale per contrastare il riciclaggio – ma non basta per recuperare gli oltre 100 miliardi l’anno di tasse e contributi non pagati. Perché, se nessuno incrocia i dati, “la tracciabilità dei pagamenti è solo teorica”.