Cronaca

Mose, a maggio 2018 commissioni bloccarono il collaudo: “Inutile se non risolvono i problemi delle cerniere arrugginite”

Un documento ufficiale in possesso de ilfattoquotidiano.it dimostra come i presidenti degli organismi deputati a dare il via libera alle barriere che dovrebbero salvare Venezia dall'acqua alta avevano bloccato le prove definitive perché i problemi di "di corrosione ed ossidazione" non avrebbero garantito una "corretta collaudazione"

“I sottoscritti presidenti delle commissioni di collaudo, insieme con i componenti delle medesime commissioni, in relazione ai problemi di corrosione ed ossidazione hanno rilevato una serie di problemi analoghi per le varie bocche della laguna di Venezia, la soluzione dei quali appare condizione indispensabile per una corretta collaudazione delle opere in questione”. C’è un documento rimasto finora segreto, firmato da autorevoli tecnici italiani, tra cui Donato Carlea, presidente del Consiglio superiore dei lavori pubblici, che accusa i malfunzionamenti del Mose e boccia le ormai famose cerniere che stanno creando già tanti grattacapi ai commissari straordinari, prima ancora della messa in funzione delle dighe mobili che dovrebbero salvare Venezia dall’acqua alta.

Il documento risale al 29 maggio 2018 ed è indirizzato all’allora provveditore alle Opere Pubbliche del Triveneto, Roberto Linetti, oltre che ai commissari Giuseppe Fiengo e Francesco Ossola. Viene messa nero su bianco una certezza granitica: le opere non potranno essere collaudate, e quindi dichiarate conformi ai contratti stipulati e fatte a regola d’arte, se non si mette mano alle cerniere corrose dalla ruggine. Le firme sono quattro. L’ingegnere Carlea è il presidente delle Commissioni di collaudo alla bocca di porto Lido-Treporti. Marcello Arredi (rappresentante del Ministero delle Infrastrutture nel Consiglio superiore dei lavori pubblici) ha coordinato le ricognizioni alle cernere di Lido-San Nicolò. L’ingegnere Vincenzo Pozzi (presidente Anas dal 2002 al 2006) si è occupato della bocca di porto di Malamocco. Infine, l’architetto Maria Lucia Conti (Ministero delle Infrastrutture) ha coordinato il lavoro sulle cerniere di Chioggia. I 156 gruppi di cerniere costituiscono il meccanismo che collega le paratoie da alzare in caso di acqua alta ai cassoni in calcestruzzo che costituiscono la struttura fissa del Mose. Sono composte di gruppi di aggancio, di elementi femmina (24 tonnellate ciascuno) e di elementi maschio (10 tonnellate). Il documento, di cui “Il Fatto Quotidiano” è entrato in possesso, costituisce una vera doccia fredda per un’opera che a regime verrà a costare qualcosa come 5 miliardi e mezzo di euro e che all’inizio dell’estate ha richiesto un nuovo bando da 34 milioni di euro per capire come affrontare il nodo delle cerniere.

I collaudatori indicano tre problemi molto preoccupanti. Il primo riguarda le “ossidazioni rilevate” e segnalate dal Provveditorato ancora nell’aprile 2016, su opere ultimate in qualche caso anche da più di quattro anni. “È indispensabile ed urgente intervenire per contrastare l’ulteriore deterioramento dei gruppi di aggancio in particolare alla Bocca di Lido-Treporti”. In che modo? “Individuando la soluzione prescelta per ovviare ai rilevanti fenomeni di ossidazione, formalizzandola, ove comporti variazioni progettuali, in appositi atti approvativi”. Se non lo si fa, l’opera non parte. Scrivono gli esperti: “Tale decisione ovviamente esula dalle competenze delle Commissioni di collaudo, ma ne condiziona imprescindibilmente l’attività”. Il secondo problema è quello dei piani di manutenzione. “I collaudatori statici e i direttori dei lavori concernenti i gruppi di aggancio e tensionamento hanno unanimemente evidenziato la necessità dell’adozione di nuovi piani di manutenzione, sia prima della messa in esercizio che a regime”. Addirittura devono “come condizione imprescindibile essere approvati prima del collaudo”. E le manutenzioni vanno “messe in atto anche in attesa della loro approvazione formale nei piani, onde fermare il degrado che le opere subiscono o possono subire sino al collaudo”. La raccomandazione riguarda tutto il Mose: “Si ritiene indispensabile una verifica dei piani di manutenzione e se de caso un loro pronto aggiornamento ed adeguamento degli elementi maschio femmina delle cerniere, nonché più in generale di tutte le componenti del complesso sistema Mose”.

Il terzo punto impone che “vengano al più presto ultimati i lavori relativi alla realizzazione delle opere di isolamento termico e di condizionamento climatico dei locali interni ai cassoni”. E’ lì che sono installate le cerniere ed è lì che l’umidità agisce implacabile, corrodendo i meccanismi. “Il permanere per un periodo abnormemente lungo in condizioni di assenza di climatizzazione inadeguata per temperatura, umidità, grado di salinità rispetto a quella prevista, non può che peggiorare la situazione”. I collaudatori devono avere molti dubbi, visto che – quasi a voler evitare future contestazioni – aggiungono: “L’unicità del sistema Mose, opera di grande complessità tecnica e di grande rilevanza economica comporta che delle singole parti non possa essere definita la funzionalità”. E concludono: “Pertanto i collaudi di singole parti dell’opera destinate per loro natura ad interagire con altre componenti non possono che riferirsi unicamente all’oggetto dell’incarico e non impegnano la commissione circa la funzionalità dell’intero sistema”. Come dire che se il Mose non funzionerà la colpa andrà attribuita a progettisti ed esecutori disseminati nell’arco di un ventennio. Praticamente: di nessuno.