Mafie

‘Ndrangheta, 10 fermi tra gli affiliati alla cosca Cordì di Locri: “Estorsioni a imprese edili e monopolio nella gestione del cimitero”

Il blitz di carabinieri e Guardia di finanza scattato su richiesta della Dda di Reggio Calabria. Le accuse: associazione mafiosa, estorsione, illecita concorrenza con minaccia o violenza, danneggiamento seguito da incendio e detenzione abusiva di armi. Nel provvedimento citato un articolo del Fatto Quotidiano del 29 giugno in cui si denunciava lo spostamento di salme e l'edilizia abusiva nel cimitero

Era sufficiente fare un giro all’interno del cimitero di Locri per capire che fosse gestito dalla ‘ndrangheta. Nella piccola cittadina in provincia di Reggio Calabria, da oltre 30 anni la cosca Cordì teneva in ostaggio, i vivi e i morti. Almeno fino a stamattina quando i carabinieri e la Guardia di finanza hanno eseguito un provvedimento di fermo di indiziato di delitto su richiesta della Dda di Reggio Calabria.

Tre operazioni convergenti, scattate prima dell’alba, che hanno spalancato le porte del carcere a 10 persone ritenute esponenti della cosca Cordì di Locri. La Procura, guidata da Giovanni Bombardieri, contesta i reati di associazione mafiosa, estorsione, illecita concorrenza con minaccia o violenza, danneggiamento seguito da incendio e detenzione abusiva di armi con l’aggravante del metodo mafioso.

Prima dell’alba Locri è stata svegliata dalle sirene e dai lampeggianti delle Fiamme gialle e dei militari dell’Arma. Un blitz che, secondo gli inquirenti, rappresenta l’epilogo di approfondite indagini che hanno messo in luce le responsabilità degli affiliati dei Cordì in una serie di estorsioni, atti intimidatori e danneggiamenti volti sia a imporre il pagamento del pizzo a imprese edili e attività commerciali della Locride, sia a conseguire il monopolio delle attività cimiteriali locresi.

Proprio la situazione del cimitero, diventato ormai “una giungla”, Il Fatto Quotidiano l’aveva raccontata a giugno dopo le denunce del sindaco Giovanni Calabrese che, con le ruspe, aveva iniziato ad abbattere le cappelle abusive. In sostanza, con la complicità di alcuni impiegati comunali, la cosca gestiva la lottizzazione selvaggia delle aree cimiteriali: una sorta di compravendita illegale dei posti e degli spazi che, in realtà, sono pubblici e dovrebbero essere dati in concessione dal Comune ai cittadini che ne fanno richiesta.

“In data 29 giugno 2019 – scrivono i pm nel provvedimento di fermo – sulla testata giornalistica Il Fatto Quotidiano, Calabrese denunciava pubblicamente la situazione, facendo in particolare riferimento al servizio di onoranze funebri, di edilizia nel cimitero e di vendita dei fiori. L’aspetto che in questa vicenda maggiormente interessa è il riferimento nell’articolo allo spostamento delle salme da parte di ignoti e all’edilizia abusiva nel cimitero”. Ritornando agli arresti, in mattinata il procuratore Bombardieri e i vertici delle forze dell’ordine terranno una conferenza stampa per illustrare i dettagli dell’operazione.