Società

Firenze: il caos edilizio è frutto dell’assenza di regole, non delle azioni ‘dal basso’

di Ilaria Agostini

Dal 23 maggio scorso l’edilizia fiorentina è in stallo. Il caos nei cantieri, instauratosi a seguito dell’ordinanza del Consiglio di Stato che ha sospeso l’art.13 del Regolamento urbanistico, è frutto del vuoto normativo creato ad arte negli anni. E non del ricorso presentato da Italia Nostra, ora nel mirino sia dell’amministrazione sia delle lobby cittadine.

Il vuoto pianificatorio vigente in città, affinato nel quinquennio Nardella I, è perfettamente esemplificato proprio dall’art. 13 rimodellato con una Variante urbanistica, detta in città “per la degenerazione urbana”. La Variante abolisce di fatto l’obbligatorietà del restauro sugli immobili storici: consente l’applicazione della più invasiva delle categorie di intervento, cioè la “ristrutturazione edilizia” (pur con limitazioni), sul patrimonio storico; e introduce la possibilità di operare secondo la medesima categoria – stavolta senza neppure le limitazioni! – sugli edifici notificati, dal Duomo al convento medievale posto in vendita o già alienato. La norma, dunque, è volta ad agevolare le operazioni speculative sia in città sia sui colli fiorentini.

La Variante ha generato in città una sollevazione composita. Italia Nostra si è fatta interprete presso il giudice amministrativo del disappunto cittadino presentando ricorso: gli effetti dell’ordinanza del Consiglio di Stato (cui si sommano le misure preventive del Comune che è corso ai ripari) starebbero “ingessando la città”, afferma Nardella che, il 27 maggio scorso, si è visto bloccare anche il progetto dell’aeroporto.

L’amministrazione, atterrita dalla situazione, propone a Italia Nostra di rinunciare al ricorso. In cambio offre una “mozione contenente gli atti di indirizzo per il nuovo Piano urbanistico” – la cui adozione è programmata per il prossimo anno – da sottoporre al consiglio comunale (dove il Pd ha la maggioranza schiacciante). “Mozione di indirizzo” che, non sfuggirà al lettore, promette di contare quanto il due di briscola.

Anziché avviare sconvenienti trattative, in cui Italia Nostra avrà certamente la peggio, il Comune dovrebbe, finalmente, porsi nella condizione di gestire le trasformazioni del patrimonio edilizio storico, producendo, ad esempio, un Piano per il centro storico, centri storici minori ed emergenze architettoniche puntuali. La pianificazione particolareggiata esecutiva del centro storico, punta di diamante dell’urbanistica italiana, non è stata mai avviata a Firenze. Si tratterebbe ora di addivenire a una puntuale conoscenza del patrimonio edilizio storico e procedere alla redazione di schede normative per singolo edificio con indicazioni su trasformazioni ammissibili e usi compatibili. Gli esempi esistono. Ne citiamo due: il Piano per il Centro storico della vicina Pistoia (redatto da Pier Luigi Cervellati e Giovanni Maffei Cardellini) e il piano regolatore generale di Napoli (firmato Vezio De Lucia) che gestisce le trasformazioni su base tipologica.

Tutto ciò è in linea con le leggi vigenti e con il Testo unico dell’edilizia come riscritto dalla Boschi. Nardella può già procedere, senza fare appello al “senso di responsabilità” di chi legittimamente ha opposto resistenza alla turistificazione e agli effetti dell’avidità proprietaria in città.