Cronaca

Migranti, ong Mediterranea Saving Humans: “Torniamo in mare con imbarcazione battente bandiera italiana”

Luca Casarini, capo missione dell'organizzazione italiana, lo annuncia dalla nave ammiraglia di Greenpeace: "C'è chi in questo periodo storico sarà ricordato perché ha fatto una battaglia per far morire morire la gente in mare e c'è chi sarà ricordato perché si opponeva"

A bordo della Rainbow Warrior, la nave ammiraglia della flotta di Greenpeace, Luca Casarini, il capo missione di Mediterranea Saving Humans, ha annunciato che a breve l’organizzazione non governativa italiana tornerà in mare: “A brevissimo, questione di ore, massimo un giorno, torneremo in mare con una imbarcazione battente bandiera italiana. Credo sia la migliore risposta a chi ha fatto una guerra contro chi salva le persone”. La prima nave di Mediterranea, la Mare Jonio, è stata sequestrata a maggio 2019, dopo aver salvato 30 naufraghi a quaranta miglia dalle coste delle Libia. Venerdì 28 giugno, dopo sei mesi di blocco, ha ripreso il mare anche la nave della ong spagnola Open Arms.

Salvare persone – dice Casarini – non è mai un crimine per noi, mai. Continueremo ad andare in mare, proprio dove non vogliono. La nostra nave Jonio è sotto sequestro perché abbiamo salvato 50 persone, fra cui una bimba di due anni che ora sta bene”. Su Twitter Mediterranea ha annunciato: “La Mare Jonio è ancora ferma, ma Mediterranea tornerà in mare prestissimo, là dove è necessario essere, in questi giorni, più che mai. Tra poco si parte e abbiamo bisogno di tutte e tutti voi”.

Il capo missione della ong parla poi del caso della Sea Watch 3, dopo aver espresso piena solidarietà a Carola Rackete: “Le testimonianze, il monitoraggio, l’essere li dove c’è bisogno di aiuto. È questo il nodo fondamentale, il motivo della criminalizzazione. Non vogliono testimoni di fronte a una tragedia che si sta compiendo nel Mediterraneo centrale e non li vogliono perché loro sanno tutto, sanno quando affondano, sanno quanti annegano”. “Dall’inizio del 2019 – aggiunge – sono oltre 1500 morti nel Mediterraneo centrale a trasformare questo nostro mare in una fossa comune. Noi non ci stiamo, vogliamo andare li, denunciare quello che accade è, se possiamo, aiutare chi ha bisogno. La repressione e la criminalizzazione non ci fermano. È troppo forte il desiderio di aiutare le persone e la volontà di non girare la testa dall’altra parte questa volta. Nella storia, in Europa, lo abbiamo già fatto di girare la testa dall’altra parte di fronte ai campi di concentramento, ma non lo faremo più”.