Politica

Minibot, anche Di Battista contro Tria: “Sono nel contratto. Lui a chi risponde?”

L'ex deputato M5s come Di Maio e Salvini: "Se poi Tria preferisce rispondere a Moscovici più che al popolo italiano ce ne faremo una ragione"

Anche Alessandro Di Battista si unisce ai vicepremier Matteo Salvini e Luigi Di Maio contro la decisione del ministro dell’Economia Giovanni Tria di bocciare i minibot, cioè i Buoni del Tesoro di piccolo taglio proposti dalla Lega per saldare i debiti arretrati della pubblica amministrazione. L’ex deputato del M5s, su Facebook, scrive: “È evidente che le imprese (a cominciare dalle piccole e medie imprese) che vantano crediti con la pubblica amministrazione hanno tutto il diritto di essere pagate in fretta. Io, a meno che il ministro Tria, in pochissimi giorni, non trovi una soluzione alternativa reputo molto intelligente la proposta dei minibot”.

Oggi Tria, durante il G20 di Fukuoka, ha di nuovo bocciato pubblicamente la proposta. E in proposito, scrive Di Battista: “A chi risponde il ministro quando dice: ‘Non tratteremo il tema dei minibot a livello di governo’. Me lo sto domandando. Non risponde certo ai suoi elettori dato che Tria non ha mai preso un voto. Non risponde neppure al Parlamento e dovrebbe farlo dato che, fino a prova contraria, viviamo in una Repubblica parlamentare e non risponde neppure alle due forze politiche che hanno fatto nascere questo governo sulla base di un contratto”. Il grillino fa riferimento alla pagina 21 del contratto, dove “proprio rispetto ai debiti della pubblica amministrazione nei confronti delle imprese si parla di utilizzare ‘strumenti quali titoli di stato di piccolo taglio’, ovvero i minibot”.

“Se poi Tria preferisce rispondere a Moscovici più che al Popolo italiano beh ce ne faremo una ragione”, conclude Di Battista. “Un’Italia non più suddita di regole obsolete, dei diktat di Francia e Germania o del capitalismo finanziario evidentemente fa paura a molti e provocherebbe reazioni da chi ci tiene da decenni al guinzaglio. Francamente lo si sapeva. D’altro canto il cambiamento non è mai indolore, se è indolore non è vero cambiamento”.