Scienza

Sindrome di Wiskott-Aldrich, così Jacob dagli Usa e Arseniy dalla Russia hanno trovato cura in Italia

Ora hanno una vita normale grazie alla terapia genica. I due bambini sono stati inseriti nel protocollo di ricerca condotto dall’Istituto San Raffaele Telethon per la Terapia Genica (SR-Tiget) di Milano, progetto scientifico che coinvolge una decina di bambini provenienti da tutto il pianeta

Jacob e Arseniy sono due bambini che nei primi anni della loro vita non potevano neanche stare a contatto con i loro coetanei a causa della loro malattia genetica rara, la Sindrome di Wiskott-Aldrich (WAS). Ora hanno una vita normale grazie alla terapia genica. Entrambi ora hanno circa 10 anni e beneficiano degli effetti della medesima terapia genica all’avanguardia a livello mondiale che gli permette di affrontare meglio la loro particolare condizione.

I due bambini sono stati inseriti nel protocollo di ricerca condotto dall’Istituto San Raffaele Telethon per la Terapia Genica (SR-Tiget) di Milano, progetto scientifico che coinvolge una decina di bambini provenienti da tutto il pianeta. I risultati dello studio pubblicati su The Lancet Haematology dimostrano la sicurezza e l’efficacia di questo innovativo approccio di terapia genica mediante l’utilizzo di un vettore lentivirale codificante per il gene WAS, associato ad un regime di condizionamento non mieloablativo, per il trattamento della sindrome in pazienti affetti dalla forma severa di questa patologia. Il progetto è nato con l’obiettivo di trovare un trattamento alternativo al trapianto di midollo osseo, per tutti i pazienti affetti da WAS privi di un donatore di midollo compatibile oppure per i quali il trapianto rappresenterebbe un’opzione troppo rischiosa. “Ho avuto la possibilità di partecipare in prima persona al protocollo clinico di terapia genica per la Sindrome di Wiskott-Aldrich fin dall’inizio della mia Scuola di Specializzazione, fino a diventare co-investigator dello studio nel 2012, insieme alla mia collega Maria Pia Cicalese” dice al Fattoquotidiano.it Francesca Ferrua, prima firma dello studio. “È stato un privilegio poter seguire il trial clinico fin dal suo inizio e poter partecipare in prima persona al trattamento dei pazienti, assistere ai loro progressi ed analizzarne i risultati. È stato un lavoro di squadra, iniziato da un esteso team di ricercatori che hanno condotto la parte pre-clinica dello studio che ha permesso di arrivare al trattamento dei pazienti, e poi continuato da un valido di team di medici, ricercatori e infermieri da cui ho imparato tanto”.

Jacob: dall’isolamento al football e la batteria
Jacob è un bambino statunitense di quasi 9 anni, nato in New Jersey e vive a Philadelphia, ha ricevuto la diagnosi di questa patologia rara a soli quattro mesi. Figlio di Priya e Ben, una coppia di origine indiana nata e cresciuta negli Usa che, saputo dello studio clinico sperimentale del SR-Tiget, hanno deciso di intraprendere questa strada passando per Milano. Jacob è stato sottoposto alla terapia genica a 13 mesi. “Per i genitori scoprire che Jacob era affetto da una rara immunodeficienza potenzialmente letale è stato devastante” dicono i ricercatori. Jacob ha vissuto in totale isolamento per i suoi primi 18-20 mesi di vita e poteva uscire solo per le visite mediche. Le uniche persone che vedeva erano i suoi genitori e nonni. Quando ha iniziato a camminare era necessario fargli indossare un caschetto per proteggerlo da eventuali ferite alla testa. Alla famiglia è stato proposto il trapianto di midollo osseo, per scoprire subito dopo che non c’erano donatori compatibili. Il prof. Alessandro Aiuti e il suo staff del Tiget hanno offerto a Jacob e alla sua famiglia una speranza in un momento in cui non c’era alcuna possibilità di salvare la vita del bambino. “All’inizio i genitori erano un po’ titubanti all’idea di andare in un altro paese e di sottoporre il figlio a un trattamento sperimentale che era stato testato soltanto su altri due bambini – raccontano i ricercatori – Sembrava spaventoso, ma presto, parlando con i loro medici americani, hanno realizzato che il Tiget era, tra i diversi centri specializzati, quello con la maggiore esperienza al mondo in terapia genica, così hanno deciso di partecipare alla sperimentazione. Oggi Jacob – affermano – è un bambino felice, va a scuola ama giocare a calcio, guardare il football, ascoltare la musica rock e suonare la batteria”. Per loro l’incontro con Fondazione Telethon ha permesso di trasformare l’incubo peggiore di un genitore nel più bel regalo che potessero ricevere: “una nuova possibilità di vita per lui” aggiungono al Fattoquotidiano.it i ricercatori.

Arseniy: dai continui ricoveri in ospedale all’asilo
Arseniy è nato in Russia nel 2009. Avendo un sistema immunitario molto fragile ha passato gran parte della sua vita in ospedale. I medici dopo pochi mesi di vita gli hanno diagnosticato la sindrome di Wiskott-Aldrich. Da lì è iniziato il calvario della famiglia per i continui ricoveri che venivano causati da qualsiasi sciocchezza, anche solo una piccola ferita. Dopo due anni, grazie all’aiuto di un medico tedesco, i genitori sono stati informati della ricerca dell’Istituto San Raffaele Telethon di Milano, tramite la quale i ricercatori italiani sono riusciti a trovare un modo per restituire ai piccoli pazienti come Arseniy una versione corretta del gene difettoso responsabile della loro malattia. Nel marzo 2012 il bambino si è sottoposto alla terapia, che “gli ha finalmente restituito una vita normale” spiegano i medici che lo seguono. La famiglia ha deciso di trasferirsi a vivere in Italia. I primi anni di vita di Arseniy sono stati durissimi: un susseguirsi di infezioni, emorragie e manifestazioni allergiche, che lo hanno costretto non solo a continui ricoveri, ma anche a vivere lontano dai suoi coetanei. Poi è arrivata la svolta positiva. Le cellule del suo midollo osseo sono state prelevate, corrette con la terapia genica, e reinfuse nel suo organismo. “Già dopo un anno e mezzo dall’intervento Arseniy ha cominciato a stare molto meglio, le allergie sono decisamente diminuite ma soprattutto ha iniziato a frequentare l’asilo, ad andare in bicicletta come i suoi coetanei, conquistando giorno dopo giorno insieme ai suoi genitori una qualità di vita sempre maggiore” spiegano i medici.

Al San Raffaele uno dei 4 centri al mondo in cui si è svolto uno studio sulla Was
Francesca Ferrua è pediatra ricercatrice presso il Tiget di Milano, si è laureata in Medicina e Chirurgia nel 2008 presso l’Università “Vita-Salute” San Raffaele, dove ha anche frequentato la Scuola di Specializzazione in Pediatria, con conseguimento del titolo nel 2014. Ferrua ha dedicato molti anni della sua vita alla ricerca sulla Sindrome di Wiskott-Aldrich con l’entusiasmo e la determinazione che caratterizzano i ricercatori. “Il Tiget di Milano rappresenta l’ambiente ideale per lo sviluppo di terapie innovative grazie alla presenza di gruppi di ricerca di alto livello nazionale ed internazionale, oltre alla vicinanza e stretta collaborazione con l’Unità di ricerca clinica pediatrica, dove vengono gestiti e curati i pazienti affetti da patologie genetiche rare. Siamo uno dei quatto centri al mondo in cui si è svolto uno studio con terapia genica sulla Sindrome di Wiskott-Aldrich e non solo. I bambini trattati e le loro famiglie provengono da diverse parti del mondo” dice al Fattoquotidiano.it Ferrua. Questo aspetto potrebbe sembrare a prima vista una difficoltà, tuttavia negli anni “abbiamo imparato a gestire le diversità culturali e a trasformarle in una ricchezza. Grazie al progetto “Come a casa”- aggiunge la ricercatrice – le famiglie vengono aiutate a gestire i diversi aspetti dell’essere lontani da casa da parte di un team di professionisti quali mediatori culturali, interpreti e personale amministrativo dedicato, che fornisce sostegno alle famiglie dal loro arrivo presso il nostro centro fino al loro ritorno a casa”. L’età mediana dei bambini che hanno iniziato il trattamento era di circa due anni. Ora sono cresciuti, la maggior parte di loro ha quasi 10 anni come Jacob e Arseniy. “È bellissimo rivederli in occasione dei controlli di follow up, ed assistere ai loro progressi scolastici, alle loro conquiste, come fare lo sport desiderato oppure una vacanza o un viaggio a lungo sognato. Il rapporto con i pazienti e le loro famiglie è fondamentale, è importante che sia fondato su fiducia reciproca per affrontare in modo ottimale le varie fasi del trattamento” conclude Ferrua.