Ambiente & Veleni

Pfas Veneto, in 8 mesi le persone avvelenate sono raddoppiate: “Sostanze pericolose nel sangue di 16mila persone”

Si allarga la fetta di popolazione tra Vicenza, Padova e Verona esposta a "elementi perfluoroalchilici". E la copertura è solo al 50%. La Regione: "Ce lo aspettavamo". Secondo le proiezioni gli intossicati potrebbero raggiungere quota 60mila

Il presente articolo è stato riscritto anche alla luce delle precisazioni fornite il 15 aprile 2019 dalla Direzione Prevenzione della Regione Veneto in merito al nono Rapporto sul Piano di sorveglianza sanitaria sui Pfas.

Sono più che raddoppiate in otto mesi le persone che in Veneto risultano intossicate dai Pfas. A luglio 2018, quando la Regione rese pubblico il sesto Rapporto sull’andamento del Piano di sorveglianza sanitaria, risultavano 7.716 cittadini nati tra il 1966 e il 2002 per i quali era stato prescritto un percorso di approfondimento (di secondo livello) prenotando una visita presso gli ambulatori internistici e cardiovascolari. Alla data del 5 marzo 2019 il numero è salito a 16.400 unità, pari a circa il 65 per cento della popolazione monitorata. Ma è solo la punta di un iceberg, destinata a crescere man mano che i cittadini vengono chiamati a sottoporsi ad analisi, se si considera che finora è stata convocata poco più del 50 per cento della popolazione, in totale 47.213 persone. Di queste hanno risposto 27.968 (61 per cento) e gli esami completati sono 25.228, che equivalgono al 28 per cento della popolazione da analizzare. Per questo il numero di 16.400 cittadini andrà probabilmente moltiplicato quasi per quattro: significa che le persone intossicate dai Pfas che richiedono un approfondimento medico sono circa 58 mila, anche se non lo sanno ancora.

I Pfas sono sostanze perfluoroalchiliche che hanno inquinato la falda che scorre sotto una parte delle province di Vicenza, Padova e Verona. A scaricarle sono state le produzioni industriali nella zona di Trissino in provincia di Vicenza, dove è finita sotto inchiesta la Miteni, una società che più di trent’anni fa faceva parte del gruppo Marzotto, ma che poi è passata di mano a varie multinazionali. La procura di Vicenza ha messo sotto inchiesta e si appresta a chiedere il processo per manager e direttori tecnici delle ultime gestioni, sostenendo che fossero a conoscenza dello sversamento chimico nel sottosuolo che sta causando un danno ambientale diffuso e si muove alla velocità del movimento della falda sotterranea.

RADDOPPIO DEI CASI. La notizia del raddoppio dei casi riscontrati da luglio ad oggi, come riportato da ilfattoquotidiano.it, secondo la Regione Veneto “è fuorviante, in quanto l’aumento del numero di persone con livelli elevati di Pfas nel sangue è semplicemente dovuto alla progressione delle attività di screening ed è quindi un dato atteso”. Insomma, se lo aspettavano, ma questo non toglie che si sia passati dai quasi 8 mila casi del luglio scorso al totale di 16.400 persone avviate ad esami di secondo livello alla data del 5 marzo 2019. Continua la Regione: “Lo screening è rivolto a circa 90.000 soggetti di età compresa tra i 14 e i 65 anni e ha previsto da quest’anno la chiamata anche dei bambini di 9-10 anni. Si tratta di una popolazione esposta alla contaminazione da molti anni e lo scopo è la determinazione della concentrazione interna di queste sostanze, ma soprattutto l’identificazione precoce di fattori di rischio o di patologie non ancora identificate e possibilmente correlate all’esposizione”. Il “dato atteso” è la conferma che il 65 per cento della popolazione esaminata abbia “livelli elevati di Pfas nel sangue”. Il 65 per cento di 90 mila persone equivale a 58 mila 500 soggetti. Ma almeno 50 mila non lo sanno, o perchè non si sono fatti esaminare, o perchè non sono ancora stati chiamati dalla Regione Veneto a farlo.

ANALISI DI SECONDO LIVELLO. Finora delle 16.400 analisi di secondo livello prescritte, ne sono state concluse 4.200, solo in provincia di Vicenza (un quarto del totale). Dopo le analisi cardiologiche, l’80 per cento delle persone è stato affidato al proprio medico di base, mentre il 17 per cento dovrà effettuare nuovi esami e tornare dallo specialista, e per l’1,4 per cento si prevede un vero e proprio percorso diagnostico-terapeutico a causa di una patologia. Per i soggetti valutati in ambulatorio internistico, la metà sono stati affidati al proprio medico di base, il 47 per cento dovrà fare ulteriori approfondimenti e il 2,7 per cento è stato preso in carico per interventi terapeutici. I casi di dislipidemia (disturbi ormonali e metabolici) accertati sono 251, i disturbi tiroidei 132, i casi di ipertensione arteriosa 51, le patologie del sistema urinario 35, i casi di diabete mellito 25 i casi di epatopatia 17. Dalle analisi complessiva emerge che il colesterolo totale è fuori norma nel 31,18% dei casi, una percentuale che cala al 24,69 % per il Colesterolo LDL e al 9,99% per il colesterolo HDL.

PFAS PER TUTTI NEL SANGUE. Nella relazione della Regione Veneto non c’è solo la grave conferma delle migliaia di persone intossicate. C’è anche la conferma che tre sostanze Pfas su 14 sono presenti nel sangue della quasi totalità degli abitanti, mentre si stanno elaborando i primi dati riguardanti i bambini in età pediatrica che confermano lo stesso dato molto preoccupante. Stranamente, il comunicato stampa della Regione (che però allega il Rapporto completo) non accenna al fatto che tre sostanze siano presenti dal 97,4 al 99,9% dei casi, limitandosi a scrivere: “Sono quattro i componenti rinvenuti in più del 50% della popolazione monitorata”.

Su questo punto la Regione precisa di aver “sempre adottato un approccio di massima trasparenza, rendendo disponibili tutti i dati all’interno del rapporto”. In effetti il Rapporto è stato distribuito integralmente agli organi di informazione, tuttavia il comunicato (scritto dalla Direzione Prevenzione e non dall’ufficio stampa) indicava le quattro sostanze presenti almeno nel 50 per cento della popolazione, senza specificare che tre di esse raggiungono le cifre da noi indicate.

LIVELLI ELEVATISSIMI. Le analisi sono state effettuate nei 30 Comuni della Area Rossa, suddivisa in Area Rossa A (13 Comuni) e Area Rossa B (17 Comuni) a seconda della gravità dell’inquinamento degli acquedotti. Il dato preoccupante è dato dalla presenza di tre tipi di Pfas pressochè nella totalità della popolazione residente, accertata da 16.473 esami in Area A e 8.230 in Area B, per un totale di 24.703 soggetti. Si tratta di Pfoa (acido perfluoroottanoico), Pfhxs (acido perfluoroesansulfonico) e Pfos (acido perfluoroottansulfonico). Nel 99,9 % delle persone è presente il Pfoa, nel 97,4 % il Pfhxs e nel 99,8 % il Pfos. I livelli di concentrazione sono allarmanti. Negli adulti il livello medio Pfoa è pari a 64,6 nanogrammi per millilitro, ma un quarto degli adulti ha concentrazioni superiori a 85 ng/ml e il livello massimo accertato è di 1.400 ng/ml. Per il Pfhxs, la media dei cittadini ha una concentrazione di 6,2 ng/ml, con un massimo di 127 ng/ml. Per i Pfos siamo a una media di 4,8 ng/ml, con punte massime di 142 ng/ml. Una quarta sostanza, il Pfna (acido perfluorononanoico), è presente in almeno il 50 per cento delle persone.

L’indagine ha confermato un dato delle precedenti rilevazioni. “Le femmine presentano concentrazioni sieriche di Pfoa, Pfos e Pfhxs inferiori rispetto ai maschi”. Il che è dovuto all’espulsione dei Pfas del sangue a causa delle mestruazioni.

LA REGIONE VENETO. La Regione, in merito alla lettura delle concentrazioni di Pfas precisa: “Il livello di 0,5 ng/ml non rappresenta, come erroneamente affermato nell’articolo, il “livello tollerato”, bensì il limite di quantificazione del laboratorio. Quindi, avere una concentrazione nel siero superiore a 0,5 ng/ml significa semplicemente che tale concentrazione può essere determinata con le tecniche analitiche a disposizione e non necessariamente che rappresenti un rischio per la salute”. Per quanto riguarda “la valutazione dell’esposizione in popolazioni esposte come quelle dell’area rossa, le concentrazioni riscontrate in questi soggetti vanno confrontate con quelle di popolazioni non esposte, riportate nella tabella della penultima pagina del Rapporto. Non è pertanto corretto quanto affermato nell’articolo: ‘Negli adulti il livello medio di Pfoa è pari a 64,6 nanogrammi per millilitro, 130 volte oltre la…’”. La Regione consiglia “una attenta lettura dei dati scientifici, in quanto sommarie interpretazioni possono determinare confusione e preoccupazione nei soggetti interessati. L’atteggiamento regionale è orientato alla interlocuzione con la popolazione e allapubblicazione periodica dei dati che li riguarda”.

I raffronti con la popolazione non esposta sono possibili con l’indagine Ingelido che ha calcolato il livello di “mediana” di tutti i Pfas. Nella popolazione veneta adulta di aree non contaminate il Pfoa è risultato pari a 1,64 ng/ml e il Pfos a 5,84 ng/ml. Ebbene nel Vicentino contaminato il valore di “mediana” dei Pfoa sale a un valore di 74,21 ng/ml, 45 volte di più, e quello dei Pfos a 12 ng/ml, più del doppio. Ma i Comitati sorti a sostegno della salute avvertono nei loro siti: “Attenti, la mediana non ha senso. Se prendiamo i soli Pfoa, il 95 per cento delle persone analizzate ha più di 6,3 ng/ml, quattro volte rispetto a chi vive in aree non cantaminate”.

ANCHE I BAMBINI. Su richiesta dei Comitati spontanei sorti a tutela della salute, la Regione Veneto ha avviato un anno fa anche l’analisi dei bambini, ovvero gli assistiti dai pediatri. Finora sono stati chiamati quelli nati nel 2008 e 2009 . I risultati sono per ora limitati a 272 referti. I dati sono quindi provvisori, ma confermano la tendenza degli adulti, anche se i valori assoluti delle concentrazioni sono più bassi, perchè la durata della residenza in Area Rossa è inferiore (per una questione anagrafica). Come per gli adulti la presenza di tre sostanze è pressochè totale nel sangue dei bambini: 99.06 % per il Pfoa, 96,3% per Pfhxs e 97,8% per Pfos. Per i Pfoa, un valore superiore ai 15 nanogrammi riguarda tre bambini su quattro. La media dice che i bambini hanno 31,4 ng/ml. La media però non racconta tutta la verità. Non evidenzia che un bambino su quattro (25 per cento) ha più di 42 nanogrammi. E nei casi estremi si arriva a 132 nanogrammi.