Politica

Friuli Venezia Giulia, come usare le Foibe per fare propaganda (e censurare me)

Le Foibe in Friuli Venezia Giulia sono tante cose, ma specialmente due. Intanto, sono e resteranno sempre una ferita ancora aperta: un dramma paragonabile a molti altri del Novecento, compreso l’Olocausto. Poi, sono uno strumento per lucrare consenso elettorale, se del caso gettando sale sulla ferita di cui sopra.

Un esempio del secondo uso è l’ormai famosa mozione 50, presentata a febbraio in un Consiglio regionale a maggioranza lego-forzista, con il M5s all’opposizione, dal consigliere di Forza Italia Piero Camber, poi sospeso perché condannato in appello per una delle tante storie di “spese pazze”. Che dice la mozione 50?

Cito fra virgolette (non ci sarebbe bisogno di sottolinearlo, ma mio padre, con la quarta elementare, non aveva mai imparato cosa significhino e il mondo è pieno di laureati che ne ignorano l’uso). La mozione 50 si compone di vari “Tenuto conto” fra cui questo: “Tenuto conto […] della crescente preoccupazione suscitata da alcuni ‘eventi’ che si sono svolti di recente nella nostra regione: dalla presentazione di un c. d. Vademecum del Giorno del Ricordo […] ad un convegno universitario durante il quale un docente di Filosofia del diritto ha auspicato la censura del film su Norma Cossetto”, si chiede – qui cito il titolo della mozione – di “sospendere ogni contributo finanziario, patrocinio o concessione a beneficio di soggetti pubblici e privati che, direttamente o indirettamente, concorrano con qualunque mezzo a negare o ridurre il dramma delle Foibe e dell’Esodo”.

Purtroppo per gli estensori della mozione 50, quel docente sono io e ricordo benissimo cosa ho detto. Oltretutto, sta ancora scritto in un post di questo blog sul Fatto Quotidiano, che al convegno avevo praticamente letto, perché magari non saprò altro ma conosco bene, io, il valore delle parole. Del film Red Land, in italiano Rosso Istria, avevo detto: “È una specie di western ambientato in Istria alla fine della Seconda guerra mondiale, con gli italiani nella parte dei buoni e gli jugoslavi in quella dei cattivi. La storia straziante di Norma Cossetto, la studentessa istriana stuprata e infoibata dai partigiani jugoslavi, diventa memoria-spettacolo, pure lei. Manca una voce fuori campo che racconti tutta la storia: l’invasione nazifascista, la guerra civile, migliaia di altri stupri e massacri, non meno vergognosi”.

“Straziante”, “stuprata”, “infoibata”, “dai partigiani jugoslavi”. Se questo è “riduzionismo”, che cosa non lo è? Cosa avrei potuto fare di più, darmi fuoco?

Non ho altri commenti da fare: aspetto solo delle scuse e soprattutto il ritiro della mozione, che mira, essa sì, a introdurre forme di censura, in contrasto con gli articoli 21 (libertà di espressione) e 33 (libertà dell’arte e della scienza) della Costituzione, vigente anche in Friuli Venezia Giulia, se ben ricordo. Non pretendo invece che i politici smettano di speculare sullo strazio degli istriani: sarebbe chiedere troppo. Ma questa piccola storia di ordinaria disonestà intellettuale ci insegna qualcosa sulla (dis)informazione.

Di regola, quando uno denuncia una fake news, il denunciato denuncia anche lui il denunciante, rovesciando la frittata. È il metodo Trump, e funziona. Qui è successo lo stesso, ma all’inverso: sono proprio quelli che vogliono imporre la censura ad accusare me, come il bue che dà del cornuto all’asino.