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Omicidio Khashoggi, Wp: “Dall’Arabia Saudita case milionarie e migliaia di dollari ogni mese ai suoi quattro figli”

Il quotidiano per cui collaborava il giornalista assassinato sei mesi fa nel consolato di Riad a Istanbul lancia un'accusa a Trump per quello che non ha ancora fatto per punire i responsabili. E svela anche i tentativi di Riad di "avere accordi di lungo periodo con i membri della famiglia": è opinione diffusa, scrive, che il mandante sia il principe ereditario Mohammed bin Salman

Sei mesi dopo l’omicidio del giornalista Jamal Khashoggi, assassinato il 2 ottobre scorso nel consolato di Riad a Istanbul, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump non ha ancora fatto nulla per punire i responsabili. Lo scrive il Washington Post, giornale per il quale Khashoggi scriveva, in un editoriale. Il Post prosegue affermando che ormai è opinione diffusa che il mandante dell’omicidio sia il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman che però, come il coordinatore dell’operazione Saud al-Qahtani, non ha subito ripercussioni. Il quotidiano della capitale Usa sostiene inoltre che proprio l’Arabia Saudita abbia regalato ai quattro figli del giornalista ucciso case multimilionarie, oltre a pagare mensilmente migliaia di dollari affinché “continuino a mostrare moderazione nelle loro dichiarazioni pubbliche”.

I pagamenti, scrive il Washington Post, “fanno parte di un tentativo dell’Arabia Saudita di raggiungere accordi di lungo periodo con i membri della famiglia Khashoggi”. Le case in questione, che valgono fino a quattro milioni di dollari, si trovano nella città portuale di Gedda: il primogenito Salah, secondo il quotidiano, continuerà a vivere in Arabia Saudita mentre gli altri dovrebbero vendere gli immobili ricevuti in regalo. Inoltre, prosegue il giornale, i figli del giornalista assassinato ricevono almeno 10mila dollari al mese dalle autorità di Riad e potrebbero anche ricevere pagamenti maggiori per decine di milioni di dollari ciascuno.

Oltre a questa rilevazione, il Washington Post fa il punto su quello che non è stato fatto a sei mesi dall’assassinio di Khashoggi. “Mohammed bin Salman ha fatto il giro del mondo, ha battuto il cinque al presidente russo Vladimir Putin, è diventato amico della Cina ed è stato fianco a fianco ad altri leader mondiali nel suo tour finalizzato a riabilitare la sua reputazione”, prosegue il giornale. Lode, invece, agli sforzi della comunità internazionale per condannare l’omicidio e chiedere un’azione concreta. Trentasei Paesi si sono uniti al Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani per condannare l’uccisione del giornalista e chiedere ai sauditi di collaborare nell’indagine condotta dall’Onu.

Anche il Congresso Usa ha fatto la sua parte, approvando una risoluzione per mettere fine al sostegno americano alla coalizione militare araba guidata dall’Arabia Saudita in Yemen. Decisamente diverso l’atteggiamento adottato da Trump, fa notare Il Post. Il presidente americano ha evitato di criticare il principe ereditario saudita e di prendere azioni contro il Regno, se non sanzionare 17 esponenti del governo di Riad accusati di essere responsabili dell’uccisione del giornalista. “Con questa risposta impotente, Trump non sta solo violando la legge. Sta anche minando la credibilità e l’autorità morale degli Stati Uniti – scrive il Washington Post – Non possono passare altri sei mesi senza che siano puniti i responsabili di questo crimini aberrante. Non chiediamo altro se non giustizia per un giornalista innocente e per gli interessi cruciali dell’America”.

Nel frattempo Reporters sans frontieres (Rsf) rende noto che il ministero degli Interni del Pakistan ha ordinato l’avvio di una inchiesta su sei giornalisti che hanno postato su Internet foto dell’editorialista Khashoggi: ”Condanniamo quest’ultimo caso di intimidazione, soprattutto dato il comportamento che la polizia pakistana ha avuto in passato nei confronti dei giornalisti dissidenti”. L’indagine, spiega Rsf in una nota, è stata ordinata il 13 marzo scorso al dipartimento per i crimini informatici della Federal Investigation Agency (Fia) nell’ambito di quella che è stata definita ”una compagna dei social media” contro il principe ereditario saudita Mohammad Bin Salman durante la sua visita in Pakistan a febbraio. La campagna, secondo il ministero degli Interni pakistano, consisteva nel “postare ripetutamente foto di Jamal Khashoggi durante la visita del principe ereditario”.