Cronaca

Decreto Genova, Autostrade presenta ricorso: ‘Usati come bancomat’. E compra i terreni di sei aziende nella zona rossa

La società chiede l’annullamento di 4 atti: il primo è la nomina del sindaco Bucci a commissario per la ricostruzione, gli altri sono i 3 decreti con cui Bucci ha deliberato affidamento dei lavori. Convenuti in giudizio anche il premier e il ministro delle Infrastrutture. E intanto compra per 20 milioni di euro i terreni che poi il commissario dovrà espropriare: "Ma non ci opporremo"

Dopo mesi sulla difensiva, Autostrade per l’Italia va all’attacco. Lo fa per via giudiziaria, con il ricorso contro il decreto del commissario Marco Bucci che la esclude dai lavori di demolizione e ricostruzione del ponte Morandi. Ma anche con un’altra mossa, meno appariscente: alla vigilia di Natale, la concessionaria ha perfezionato l’acquisto di quattro aree industriali proprio sotto il viadotto crollato, sulla sponda ovest del torrente Polcevera. Si tratta di capannoni appartenenti a sei aziende che non avevano firmato la cessione delle proprietà alla struttura commissariale entro il termine, fissato dal decreto Genova, del 20 dicembre scorso.

Chiamati in giudizio Bucci, Conte e Toninelli – Nella mattinata di venerdì, Il Secolo XIX e La Stampa hanno pubblicato ampi passaggi del ricorso di 40 pagine presentato dai legali di Autostrade al Tar della Liguria e annunciato il 13 dicembre scorso. La società autostradale chiede l’annullamento di quattro atti: il primo è la nomina del sindaco Bucci a commissario per la ricostruzione, gli altri sono i tre decreti con cui lo stesso Bucci ha deliberato sull’affidamento dei lavori. Convenuti in giudizio, oltre al sindaco-commissario, sono il premier Giuseppe Conte e il ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli. Come anticipato, non c’è la richiesta di sospensiva, scelta dettata dalla volontà di “cooperare con il commissario Bucci per far sì che Genova abbia quanto prima il nuovo ponte autostradale, nel prioritario interesse dei genovesi”, fanno sapere da Aspi. Ma, tanto premesso, gli amministrativisti dello studio Annoni di Roma non risparmiano accuse a governo e sindaco: che avrebbero manifestato, “in assenza di qualsiasi accertamento di responsabilità, intenti palesemente sanzionatori, resi ancor più evidenti dalle molteplici esternazioni di esponenti governativi”. I legali osservano che né la Costituzione, né il diritto europeo consentono “di individuare una responsabilità per legge, e di stabilire per legge gli effetti conseguenti, prescindendo dagli accertamenti giudiziari”.

Il testo del ricorso: “Usati come bancomat” – Autostrade rivendica per sé “il diritto e l’obbligo” di svolgere i lavori, richiamandosi al testo della concessione: “Tutte le attività di demolizione e ricostruzione – si legge nel ricorso – rientrano nell’esclusivo perimetro della concessionaria”. A tal proposito il gruppo ricorda di aver lavorato da subito a un progetto esecutivo e dettagliato, presentato a ottobre, che prevedeva la ricostruzione del viadotto e la riapertura del tratto autostradale in soli nove mesi. Non solo, quindi, il governo e il commissario avrebbero “espropriato” Aspi delle sue prerogative escludendo in ogni modo la partecipazione della società (un “anatema ad excludendum”, lo definiscono i legali), ma la vorrebbero obbligare a farsi carico di tutti i costi, imponendole “obblighi estranei al contratto”, sborsando, per di più, “qualsiasi importo richiesto dal commissario, senza alcun parametro quantitativo applicabile”. Il che la trasformerebbe, è la conclusione del ricorso, “da concessionaria a bancomat”.

L’acquisto delle aree di 6 aziende in zona rossa – E nelle ultime ore si è diffusa la notizia di una nuova iniziativa della società autostradale, che il 24 dicembre ha rilevato da sei tra le maggiori aziende della zona rossa (Acremoni, Garbarino, Varani, Lamparelli, Venturi e Ferrometal) in quattro aree industriali a ridosso del moncone ovest del ponte. Proprietà che non sono state trasferite alla struttura commissariale entro il termine del 20 dicembre, e quindi destinate ad essere espropriate. Agli imprenditori Autostrade ha versato in totale 20 milioni di euro, comprensivi non solo del prezzo degli immobili (1.300 euro al metro quadro, lo stesso previsto dal decreto Genova per gli espropri), ma anche di fondi investimenti in nuove strutture e macchinari. Da parte delle aziende è stato assicurato il mantenimento dei livelli occupazionali e il pagamento degli stipendi arretrati.

“Ma non ci opporremo all’esproprio” – I media locali hanno ipotizzato che lo scopo di Aspi fosse quello di opporsi all’esproprio in un momento successivo, mettendo i bastoni tra le ruote ai lavori. Un’ipotesi che la società smentisce in modo categorico: da Autostrade fanno sapere che non ci sarà alcuna opposizione, e, anzi, dover procedere nei confronti di un solo proprietario invece di sei semplificherà notevolmente il compito del commissario. Visione condivisa, peraltro, dal commissario stesso: “Il fatto che Autostrade abbia acquisito le aree rende più facile il nostro lavoro”, ha dichiarato Bucci, pur negando di essere stato avvertito dell’operazione. Ma allora, perché questa iniziativa? Aspi fa sapere che lo scopo è di “dare risorse immediate alle aziende”, senza costringerle ad aspettare i tempi della macchina amministrativa. Sarebbe, insomma, una pura e semplice attività di sostegno alle imprese, per riparare ai danni dall’interruzione delle attività e permettere loro di ripartire il prima possibile. È tuttavia molto probabile che l’operazione avrà l’importante effetto di evitare la citazione in giudizio da parte delle aziende coinvolte. Se esista un accordo formale in questo senso, però, non è dato saperlo, poiché i contratti stipulati tra Aspi e le aziende sono coperti da vincolo di riservatezza.