Diritti

#MeToo e divieto d’aborto abolito in Irlanda, le lotte in Iran, Arabia e India. Amnesty: “Il 2018 è l’anno delle donne”

Secondo il rapporto Rights Today, di dodici mesi appena trascorsi saranno ricordati come quelli del successo dei movimenti femministi in tutto il mondo: dagli Usa all'Europa, fino all'Africa e all'Asia

L’insorgenza della misoginia nelle campagne elettorali e nei discorsi politici e una recrudescenza della violenza di genere, ma anche milioni di donne pronte a scendere in piazza in tutto il mondo per rivendicare diritti e uguaglianza. La crisi devastante di migranti e rifugiati, prodotta in larga parte dall’incapacità dei leader della comunità internazionale di risolverne le cause, ma anche da fenomeni sottovalutati, come i cambiamenti climatici. E poi c’è la questione dei diritti delle persone lesbiche, gay, bisessuali e transgender: attualmente sono 71 i Paesi che considerano l’omosessualità un reato. In occasione del 70esimo anniversario della Dichiarazione universale dei diritti umani, Amnesty International pubblica il rapporto “Rights Today” (pubblicato in Italia col titolo ‘La situazione dei diritti umani nel mondo. Il 2018 e le prospettive per il 2019’ da Infinito Edizioni), un’analisi di ciò che sta accadendo in sette regioni (Africa, Americhe, Asia orientale, Europa e Asia centrale, Medio Oriente e Africa del Nord, Asia meridionale e Asia sudorientale). Nel dossier vengono trattati i temi che rendono il nostro pianeta, “proprio nell’anno del 70° anniversario dell’adozione, da parte dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, della Dichiarazione universale dei diritti umani – sottolinea Antonio Marchesi, presidente di Amnesty International Italia – un luogo in cui molti dei diritti riconosciuti in quel testo straordinario sono, per la maggior parte degli abitanti di questo pianeta, una chimera, un’utopia, un obiettivo ancora da raggiungere”.

LE DONNE ALZANO LA TESTA – Il 2018 sarà ricordato come un anno importante per le battaglie che le donne hanno combattuto in tutto il pianeta. Come ricordato dal segretario generale di Amnesty International, Kumi Naidoo, “in India e Sudafrica, sono scese a migliaia nelle strade per protestare contro l’endemica violenza sessuale”. Il rapporto parla delle attiviste che, in Arabia Saudita e Iran, hanno invece rischiato l’arresto per avere sfidato rispettivamente il divieto di guidare un veicolo e l’obbligo d’indossare il velo islamico. In Argentina, Irlanda e Polonia, le donne hanno partecipato a manifestazioni di massa per chiedere l’abrogazione di leggi oppressive sull’aborto, mentre negli Stati Uniti, in Europa e in Giappone in milioni hanno aderito alla seconda marcia promossa dal movimento #MeToo, per chiedere la fine della misoginia e delle molestie. Nel nord-est della Nigeria, migliaia di donne sfollate si sono mobilitate per chiedere giustizia per gli abusi che hanno subìto, per mano dei combattenti di Boko Haram e delle forze di sicurezza nigeriane.

Le battaglie hanno dei nomi: come quello della palestinese Ahed Tamimi, finita in carcere ingiustamente per aver osato difendere la sua gente, delle saudite Loujain al-Hathloul, Iman al-Nafjan e Aziza al-Yousef che sono state imprigionate per la loro campagna in favore dei diritti delle donne e di Marielle Franco che in Brasile è stata brutalmente assassinata per la sua indefessa lotta in favore dei diritti umani. A cosa hanno portato queste battaglie? È successo che proprio sotto la spinta delle forti richieste di rispettare i diritti delle donne, i cittadini irlandesi hanno votato a grande maggioranza a favore dell’abolizione del divieto d’aborto. In Arabia Saudita alle donne è stato finalmente concesso il diritto di guidare un veicolo. In Islanda e Svezia, sono state approvate nuove leggi che considerano stupro qualsiasi rapporto sessuale senza consenso. Negli Usa, infine, le accuse di molestie sessuali hanno scosso profondamente Hollywood, sfidando decenni d’impunità.

I DIRITTI DELLE DONNE NEL MONDO – Tutto ciò non deve far dimenticare qual è la situazione a livello globale. Alcune cifre: 104 Paesi hanno nel loro ordinamento legislativo leggi che impediscono a oltre 2,7 milioni di donne di svolgere determinate professioni; quasi il 60 per cento delle donne lavoratrici nel mondo (pari a circa 750 milioni) non beneficia del diritto sancito dalla legge al congedo di maternità, mentre a livello globale il divario salariale di genere è al 23 per cento. Solo il 17 per cento di tutti i capi di stato o di governo e il 23 per cento dei parlamentari nel mondo sono donne. Il segretario generale di Amnesty International ha parlato dell’ascesa “di personaggi politici boriosi, che utilizzano atteggiamenti machisti, misoginia, xenofobia e omofobia, per fornire l’immagine del leader come ‘uomo forte’”. Di fatto nel 2018, molti governi – racconta il rapporto – hanno appoggiato apertamente politiche e leggi che sottomettono e opprimono le donne. Ancora oggi, nel mondo, il 40 per cento delle donne in età fertile vive in paesi in cui l’aborto è ancora soggetto a gravi restrizioni e circa 225 milioni di donne non hanno accesso a contraccettivi di ultima generazione.

L’APPOGGIO ALLE LEGGI CHE SOTTOMETTONO LE DONNE E LE PERSONE LGBTI – In Polonia e in Guatemala sono state fatte proposte per rendere ancora più rigide le leggi sull’aborto mentre negli Usa il taglio dei fondi ai centri per la pianificazione familiare hanno messo a rischio la salute di milioni di donne. Che nel Regno Unito, secondo i dati, hanno sopportato l’86 per cento del peso delle misure di austerità adottate dal 2010, a causa dei tagli ai sussidi sociali. A luglio, la Bulgaria ha scelto di non ratificare la Convenzione di Istanbul, un trattato europeo per prevenire e combattere la violenza contro le donne, dopo che la sua Corte costituzionale l’aveva dichiarata “incostituzionale”. Ad agosto, il Lussemburgo è diventato il 33° stato a ratificare la Convezione. Tuttavia, anche se un numero relativamente elevato di stati europei ha accettato di rispettarla, le statistiche dicono che “nel mondo una ragazza su 10 ha già subìto un’aggressione sessuale prima dei 20 anni, mentre soltanto un terzo dei paesi dell’Unione europea riconosce che un rapporto sessuale senza consenso equivale a stupro”. In risposta alla resistenza e all’attivismo delle donne, in tutta l’America Latina e in Europa, i gruppi di estremisti che negano i diritti hanno adottato una nuova tattica di repressione: “Etichettare le femministe e gli attivisti Lgbti come sostenitori dell’ideologia di genere – denuncia Amnesty – che, a loro dire, rappresentano un’autentica minaccia ai “valori del matrimonio e della famiglia” e per questo ai loro danni lanciano “vere e proprie campagne di molestie online”.

DIRITTI DI RIFUGIATI E MIGRANTI E SFOLLATI INTERNI – Tra i grandi temi affrontati nel rapporto c’è quello della crisi di migranti, rifugiati e sfollati interni. A settembre, negli Usa circa 300 minori non erano stati ancora ricongiunti ai loro genitori o tutori legali, dai quali erano stati separati forzatamente. Tra luglio e settembre, le autorità del Marocco hanno prelevato dalle città all’incirca 5mila rifugiati, migranti e richiedenti asilo, trasportandoli in aree remote del paese e abbandonandoli senza un procedimento regolare. L’Unhcr, l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati, ha denunciato un crollo del 54 per cento del numero dei reinsediamenti. La violenta campagna di omicidi, stupri e incendi dell’esercito del Myanmar ha costretto oltre 720mila rohingya, a fuggire dallo stato di Rakhine verso il Bangladesh. Nello stato di Rakhine, più di 125mila persone rimangono confinate in campi per sfollati per poter ricevere assistenza umanitaria.

LA SITUAZIONE IN ITALIA – Per chi da anni osserva la situazione nel Mediterraneo centrale “il 2018 si è contraddistinto come ‘l’anno della Diciotti’  spiegano Elisa De Pieri e Matteo De Bellis, ricercatori dell’Ufficio regionale per l’Europa di Amnesty International. “Oltre a violare la proibizione di detenzione arbitraria ai danni di 177 persone – ricordano – l’incidente della Diciotti ad agosto ha rappresentato il culmine della politica dei ‘porti chiusi’, che il governo ha attuato senza averla deliberata né formalmente comunicata alle autorità competenti e senza riguardo né per la salute e la sicurezza delle persone coinvolte, né per i propri obblighi internazionali”. Il rapporto ripercorre le tappe più significative della politica del governo Conte che “insediatosi a giugno, si è subito distinto per una gestione repressiva del fenomeno migratorio”. “Le autorità hanno ostacolato e continuano a ostacolare lo sbarco in Italia di centinaia di persone salvate in mare – racconta Amnesty – infliggendo loro ulteriori sofferenze e minando il funzionamento complessivo del sistema di ricerca e salvataggio marittimo”. Nel frattempo, è sopraggiunta la recente approvazione da parte del Parlamento “di un decreto legge fortemente voluto dal ministro dell’Interno contenente misure su immigrazione e sicurezza pubblica che erodono gravemente i diritti umani di richiedenti asilo e migranti e avranno l’effetto di fare aumentare il numero di persone in stato di irregolarità presenti in Italia, esponendole ad abusi e sfruttamento”.

RAZZISMO, XENOFOBIA E APPELLO ALL’ODIO – Amnesty International Italia ha documentato il massiccio ricorso da parte di alcuni candidati e partiti politici a stereotipi e linguaggio razzista e xenofobo per veicolare sentimenti populisti, identitari nel corso della campagna elettorale: durante le tre settimane prese in esame, più di un messaggio offensivo, razzista o discriminatorio all’ora è stato postato da alcuni candidati e moltiplicato dalla rete. “A novembre – ricorda Amnesty – i relatori speciali delle Nazioni Unite hanno espresso preoccupazione in merito alla retorica razzista e xenofoba di alcuni politici in campagna elettorale che, secondo i relatori, incita all’odio e alla discriminazione e che sta alimentando un clima di crescente intolleranza, razzismo, e xenofobia nei confronti delle minoranze e di rifugiati e migranti”.