Politica

Manovra, Di Maio: “Far dimettere Tria? Smentisco categoricamente. Modifiche al contratto, si può fare dopo il 2019”

Intervistato da Radio 24, il vicepremier ha smentito i retroscena apparsi su diversi quotidiani che raccontano delle possibili dimissioni del titolare del Mef partendo dall'ennesimo episodio di freddezza con i vertici del governo: giovedì pomeriggio il ministro delle Finanze non ha partecipato al vertice con lo stesso Di Maio, Giuseppe Conte e Matteo Salvini sul testo da portare a Bruxelles

Luigi Di Maio getta acqua sul fuoco. “Smentisco categoricamente qualsiasi voce sulla volontà di far dimettere il ministro Tria. Ho visto che veniva attribuita addirittura al Movimento 5 stelle. Giovanni Tria sta facendo un grande lavoro e squadra che vince non si cambia: deve restare al ministero dell’Economia”, ha detto il vicepremier ospite di Radio 24 parlando dei retroscena apparsi su diversi quotidiani che raccontano delle possibili dimissioni del titolare del Mef partendo dall’ennesimo episodio di freddezza con i vertici del governo: giovedì pomeriggio il ministro delle Finanze non ha partecipato al vertice con lo stesso Di Maio, Giuseppe Conte e Matteo Salvini sulla manovra. E tra i due vicepremier si apre un nuovo dibattito: quello sulla possibilità di modificare il contratto di governo.

Dalla riscrittura del testo le modifiche chieste dall’Ue ancora non emergono. I conti non tornano e il governo è al lavoro per trovare la quadra, in modo che il premier Conte riesca ad andare a Bruxelles a incontrare Jean-Claude Juncker con qualcosa in mano. Per ora l’incontro, se avrà luogo, sarà probabilmente interlocutorio perché, spiegano fonti italiane, la Commissione chiede al governo italiano cifre precise, messe nero su bianco e votate dal Parlamento. Due gli step con cui, entro il 19 dicembre, i gialloverdi possono provare a evitare la bocciatura: un nuovo Documento programmatico di bilancio (da votare entro il 13 in Cdm e portare alle Camere), che riveda i saldi della manovra abbassando deficit e debito nel prossimo triennio; un voto del Senato su un “superemendamento” che cambi i connotati della manovra, siglando l’impegno della maggioranza in Parlamento a rientrare nei binari delle regole europee.di Alberto Sofia

Ed è dal “superemendamento” che è partito il lavoro di Conte. Giovedì il premier ha visto a pranzo Tria. Poi, intorno alle 16, ha ricevuto Di Maio e Salvini, con Riccardo Fraccaro, Laura Castelli e Stefano Buffagni per il M5s, Giancarlo Giorgetti e Massimo Garavaglia per la Lega. Sul tavolo premier e ministro però non hanno portato la proposta finale. Perché l’avallo politico che avrebbe reso subito praticabile l’aggiustamento tecnico, non è arrivato: alla richiesta di far partire a giugno “quota 100” e reddito di cittadinanza, i leader di M5s e Lega hanno risposto “no”. Di Maio ha assicurato che si riuscirà a tagliare il deficit senza cambiare le due misure, perché i costi di entrambi sarebbero stati sovrastimati. Salvini ha spiegato che a inizio anno “quota 100” partirà: se poi – ad esempio per gli statali – serviranno aggiustamenti per “evitare di lasciare vuoti gli uffici”, ci saranno finestre più lunghe per l’andata in pensione. Ma, ha aggiunto, “entro il 2019” tutti i 600mila interessati da “quota 100” saranno messi in condizione, se vorranno, di lasciare il lavoro. Conte “sta facendo una eccellente opera di mediazione – ha assicurato Di Maio a Radio 24 – secondo me porteremo a casa la legge di bilancio con dentro quota 100, reddito e pensione di cittadinanza, aiuti agli imprenditori ed eviteremo la procedura di infrazione”.

Per ora il lavoro non è di tipo tecnico, ma politico. Per questo motivo, secondo il governo, Tria nel pomeriggio non ha presa parte all’incontro con i vicepremier, che serve a fare un lavoro di “scrematura” preliminare. “Dovevano trovare un consenso politico su alcune misure, non aveva senso che ci fossi anch’io”, avrebbe detto il ministro secondo un retroscena de La Repubblica. In linea con la spiegazione fornita da Conte: “Quando si valuterà l’impatto economico sarà coinvolto, informato, nella decisione finale anche il ministro”, avrebbe detto il premier secondo il quotidiano romano.

Secondo Il Giornale, Tria avrebbe inviato a Renato Brunetta, collega cui è legato da un’amicizia ventennale, un sms in cui scrive: “Non ce la faccio più. Sono sottoposto a un agguato dietro l’altro”. Nei messaggi non compare la parola “dimissioni”, ma il tono è eloquente: “L’ultimo è stato quello di mandarmi davanti alla commissione parlamentare di ritorno dall’Ecofin. L’unica cosa che mi interessa è salvare il Paese. Quella è la mia luce. Altrimenti, se fosse solo per me, già ora…”. Nel primo pomeriggio è stato lo stesso ministro a smentire: “Dimissioni? “Ipotesi che non esiste”, ha detto Tria a margine di un convegno sulla cultura realizzato dall’Ocse a Venezia. Negando anche il messaggio a Brunetta: “Nessun messaggino“.

Per arrivare all’intesa serve sulla manovra avvicinare le posizioni degli alleati di governo sui tanti nodi ancora irrisolti. E così, la Lega dà il via libera al taglio delle pensioni volute da Di Maio, a patto di introdurre il “saldo e stralcio” sulle cartelle di Equitalia sponsorizzato da Salvini. Si aggiungono nuove misure, si correggono temi divisivi come l’ecotassa sulle auto. “Io non voglio mettere alcuna tassa sulle auto familiari di cui gli italiani hanno bisogno per spostarsi- ha spiegato Di Maio a Radio 24 – Dopo il confronto con le aziende automobilistiche, con i lavoratori e i consumatori troveremo il modo per migliorare la norma, che non significa fare marcia indietro”. “Il nostro obiettivo è di incentivare l’uso dell’auto elettrica, ibrida e a metano. Se qualcuno pensa di far litigare il governo su questa norma si sbaglia, perché alla fine prevale il buon senso dall’una e dall’altra parte”. Di Maio ha spiegato che incontrerà le aziende automobilistiche, i sindacati e le associazioni dei consumatori “tra lunedì e martedì”. E ha inoltre sottolineato che gli interventi sulle auto altamente inquinanti riguardano quelle “non in circolazione ma nuove”. Tuttavia ha rimarcato che su questo la norma potrà essere migliorata nel passaggio della manovra al Senato.

Nella maggioranza si è aperto, poi, un nuovo dibattito: quello sulla possibilità di modificare il contratto di governo. “Magari quello che abbiamo stabilito a maggio del 2018, a settembre del 2020 va ritarato”, aveva detto Salvini giovedì. Oggi arriva la replica del leader dei 5 Stelle:  “L’abbiamo scritto in 6 giorni, questo contratto, se lo vogliamo migliorare ulteriormente va bene. Adesso però direi di concentrarci sul fare questa legge di bilancio nel 2019. Poi, dopo il 2019, ci possiamo mettere al lavoro per migliorarlo ancora”.