Diritti

Dl Salvini, famiglie con bambini cacciate dai centri Sprar: parte la raccolta fondi

Il progetto si chiama UMANItalia ed è promosso dalla cooperativa InMigrazione, che da anni monitora la gestione delle strutture di accoglienza. "Sono persone cui l’Italia aveva concesso la protezione umanitaria - spiegano gli organizzatori - ora, con l’entrata in vigore del decreto Sicurezza, centinaia di nuclei vengono buttati in mezzo a una strada senza alcun sostegno"

Abdegal, Solomon e i loro due gemelli sono stati buttati fuori dal centro Sprar che li ospitava. Stesso destino per Steve, Victoria e il loro piccolo Christian. Sono due delle decine di famiglie colpite in tutta Italia dagli effetti del dl Sicurezza. Ora un progetto di crowdfunding si propone di dar loro una mano. Si chiama UMANItalia ed è promosso dalla cooperativa InMigrazione, impegnata – si legge suo suo sito – nel sostegno agli stranieri in Italia” e che da anni monitora la gestione delle strutture di accoglienza.

“Sono famiglie alle quali l’Italia aveva concesso la protezione umanitaria – spiegano gli organizzatori – ora, con l’entrata in vigore del decreto Salvini, centinaia di nuclei con bambini piccoli e neonati vengono letteralmente buttati in mezzo a una strada senza alcun sostegno. Sono persone che hanno avviato percorsi di integrazione positivi ed erano in attesa di avere un posto nel circuito di seconda accoglienza Sprar”. Quello gestito dai Comuni che il testo messo a punto dal governo punta a ridimensionare.

Abdegal è ghanese, Solomon nigeriana. Sono in Italia dal 2017. Ottenuta la protezione umanitaria, in attesa di essere inseriti nel circuito Sprar, hanno vissuto in un centro ad accoglienza diffusa gestito dalla cooperativa sociale Il Volo in provincia di Rieti. I loro bimbi hanno iniziato a frequentare l’asilo. Dal 1° dicembre tutto è cambiato: gli è stato comunicato che non hanno più diritto a un posto in un centro e che ora dovranno lasciare l’appartamento, pur non avendo un altro posto in cui stare.

Steve e Victoria, invece, sono nigeriani. Dopo un viaggio drammatico sono arrivati in Italia. Ottenuta la protezione umanitaria, vengono ospitati in un progetto di prima accoglienza diffusa in appartamenti, gestito dal consorzio Meeting Point in Provincia di Roma, nel Comune di Rignano Flaminio, in attesa di entrare in uno Sprar. Victoria frequenta la scuola di italiano per stranieri, le lezioni del Cpia per il conseguimento della licenza media, il corso professionale di “Economia Domestica” tenuto dalla Comunità di Sant’Egidio. Per trovare un lavoro si iscrive a Garanzia Giovani e partecipa al bando di Servizio Civile. Steve, invece, trova un primo impiego in una azienda agricola. Ma non sono ancora autonomi fuori dal circuito dell’accoglienza. Ora, per effetto del dl sicurezza, devono lasciare  il centro. Anche loro senza sapere dove andare.

La scommessa di UMANItalia parte da queste due famiglie: “Vogliamo provare a garantire loro non solo il vitto e l’alloggio – proseguono i promotori – ma anche i servizi fondamentali per conquistare una concreta autonomia. Scuola di italiano, sostegno psicologico e sociale, corsi di formazione professionale e tirocini formativi per i genitori; inserimento e supporto alla scolarizzazione dei minori, assistenza sanitaria e pediatrica, attività ludiche e sportive per l’integrazione dei bambini e delle bambine”. Servizi che in molti casi non vengono più erogati a causa del taglio dei 35 euro deciso dal ministero dell’Interno, ma indispensabili per garantire integrazione e, di conseguenza, sicurezza.

“Come verranno spesi i soldi? Con 35 euro si garantisce un giorno di accoglienza ad un bambino – spiegano gli organizzatori – con 100 euro la partecipazione per i genitori alla scuola di italiano; con 450 euro possiamo attivare un mese di tirocinio formativo in azienda per un adulto, mentre con mille euro si paga l’accoglienza ad un bambino per un mese“. “E’ un modo per essere anche al fianco di tutti quei Comuni che si trovano a dover gestire senza strumenti idonei questa massa di persone abbandonate – spiega Simone Andreotti, presidente di InMigrazione – e di tutti quei Prefetti costretti a fare i conti con le conseguenze reali del decreto Sicurezza, come il mettere una famiglia per strada l’8 dicembre”.