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Central European University, prorettore: “Cacciati da Orban, è 1° caso dal nazismo L’Europa tollera gli Stati non democratici”

Eva Fodor, docente di Gender Studies nell'università fondata da George Soros che lascerà Budapest dopo essere finita nel mirino nel governo del premier: "E' il primo caso da quando la Germania chiuse l'università di Oslo nel 1943. Dal Ppe supporto morale, ma nessuna azione concreta"

La Central European University ha annunciato lascerà dopo 28 anni Budapest per trasferirsi in Austria. Il caso era anche uno dei più importanti affrontati dalla relazione Sargentini sul mancato rispetto dei diritti umani in Ungheria. Nell’università fondata da George Soros e finita nel mirino nel governo di Viktor Orban, Eva Fodor, prorettore, insegna Studi di genere nel dipartimento di Scienze sociali e umane.

Non siete riusciti a smuovere il governo di Viktor Orbán dalle sue posizioni. Cosa cambia da domani?

“Il governo ungherese ci ha mandato un messaggio chiaro: non possiamo rimanere a Budapest. Quindi con molto rammarico e dispiacere dobbiamo lasciare il Paese. Oggi la decisione ha assunto un carattere definitivo, da domani inizieranno i preparativi per spostare i corsi da Budapest a Vienna”.

Quando avete previsto di concludere il trasferimento in Austria?

“Nell’autunno prossimo. Fino a quel momento lavoreremo per trasferire il campus e a settembre contiamo di iniziare il prossimo anno accademico a Vienna. Speriamo di mantenere anche la nostra sede a Budapest per permettere agli studenti più anziani di concludere i propri studi qui. Quindi vorremmo insegnare in due località diverse almeno per favorire questi studenti”.

Col tempo, gradualmente, la sede di Budapest è però destinata a chiudere…

“In realtà noi speriamo di riuscire a mantenere un presidio e alcuni corsi a Budapest, ma questo dipende dal governo, se ce lo permetterà o meno”.

Ma cosa è veramente andato storto nelle trattative con il governo?

“La nuova legge prevede che le università straniere abbiano dei corsi di alto livello nel Paese di origine, dove sono registrate. Nel nostro caso si tratta degli Stati Uniti. Noi non eravamo d’accordo con la legge, ma lo abbiamo fatto: abbiamo investito le nostre risorse per raggiungere un accordo e avviare corsi di alto livello con il Bard College, nello Stato di New York, che ha riconosciuto la nostra attività. Quindi adesso la nostra università rispetta i criteri della nuova legge”.

Allora perché ve ne state andando?

“Perché la nuova legge richiede anche che il governo avvii un negoziato e firmi un accordo con, in questo caso, lo Stato di New York. Il governo ha negoziato, ma si è rifiutato di firmare l’accordo. È questo che è mancato per permetterci di rimanere a Budapest”.

Quale motivazione ha usato il governo per spiegare questo rifiuto? Non la doveva solo a voi, ma anche all’ambasciatore americano che aveva garantito il proprio impegno per risolvere al meglio la faccenda.

“Sfortunatamente l’ambasciatore ha abbandonato la questione. Il governo ha semplicemente detto che non soddisfiamo i criteri previsti dalla legge e che le attività educative che svolgiamo nello Stato di New York non li soddisfano. Le autorità competenti non le hanno esaminate, non sanno niente delle attività educative che svolgiamo negli Stati Uniti. Dicono semplicemente di non credere alla certificazione dello Stato di New York. Non ci sono veri motivi legali o educativi, è chiaramente una decisione politica perché hanno accettato questa procedura con altre università di altri Paesi, solo con noi non lo hanno fatto. Volevano espellere questa università dall’Ungheria”.

Era già accaduto in Europa?

“E’ il primo caso da quando la Germania nazista chiuse un’università (la chiusura dell’università di Oslo da parte del Reich nazista, nel 1943, ndr). Questa è la prima volta nel dopoguerra che un’università che opera nella legalità offrendo corsi di alto livello viene messa alla porta in un paese europeo”.

Il vostro caso era anche uno dei più importanti della relazione Sargentini sul mancato rispetto dei diritti umani in Ungheria. Il Parlamento europeo si è schierato dalla vostra parte e ha votato per l’applicazione dell’art.7 nei confronti di Budapest. Pensa che leader come Orbán rappresentino una minaccia alla libertà dell’Europa?

“E’ vero, abbiamo ricevuto un grande supporto morale dall’Unione europea, anche dal Partito Popolare Europeo (di cui Fidesz, partito di Orban, fa parte, ndr), ma sfortunatamente questo supporto non si è tradotto in azioni concrete e non ha avuto conseguenze. Evidentemente non è stato abbastanza forte da far cambiare idea al governo ungherese. Questo vuol dire una cosa: che un governo non democratico può tranquillamente esistere nell’Unione europea. E questo è spaventoso. Evidentemente, la red line di cui hanno parlato sia il Ppe che le istituzioni europee ha una collocazione diversa rispetto alla mia red line”.

Twitter: @GianniRosini