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Corea, dopo le sconfitte su Starcraft II e League of Legends, è davvero arrivato l’esport Ragnarok?

Dopo anni di dominio incontrastato la Corea del Sud ha abdicato sia nel mondiale di League of Legends che su quello di Starcraft II, vedendo i loro giocatori soccombere difronte a team e giocatori europei, cinesi ed americani. Ma si può davvero parlare di crisi del settore esport coreano?

Tra ottobre e novembre il dominio coreano negli esport sembra aver iniziato a vacillare. Sui due titoli più emblematici del loro strapotere, League of Legends e Starcraft II, sono arrivate due batoste mai viste prima. I segnali sembrano portare tutti alla stessa conclusione: la Corea è stata detronizzata.

La maternità degli esport moderni è universalmente riconosciuta alla Corea del Sud. A cavallo tra la fine degli anni ‘90 e l’inizio degli anni 2000 il paese asiatico decise chirurgicamente di tracciare un percorso che regolamentasse l’attività competitiva e si ergesse a modello da seguire. Ha posto le basi per l’idea moderna di esport: l’attenzione ai giocatori, la preparazione mentale, lo studio analitico delle partite, la gestione di un’organizzazione esport come un’azienda. Marketing, sponsorizzazioni, partner, i primi incontri di esport in TV sono trasmessi proprio in Corea con Starcraft. Giocatori strapagati, trattati dai tifosi come star del cinema o della musica, montepremi stellari che aumentano sempre più vertiginosamente: è la corsa all’oro dell’esport che in pochi anni si trasferisce dalla sola Corea a tutto il mondo. E trasforma i videogiochi da passatempo a professione.

Negli anni il divario tra i giocatori coreani e il resto del mondo è quasi imbarazzante. In ogni titolo in cui i coreani decidono di gareggiare il trofeo parla già la lingua di Seul. Su League of Legends, MOBA targato Riot Games, i coreani sbarcano nel 2012 e conquistano subito la finale del mondiale, “accontentandosi” del secondo posto. Nei cinque anni successivi, dal 2013 al 2017, però, è interamente dominio loro: in più nel 2015, 2016 e 2017 la finale è disputata fra squadre della stessa nazione. Su Heroes of the Storm a cavallo tra 2015 e 2016 gli MVP Black vincono 41 game consecutivi, dominando incontrastati per mesi. Su Starcraft II i vincitori non coreani dei tornei internazionali si contano sulle dita di una mano. Le finali mondiali del WCS, il circuito ufficiale, sono sempre terra di conquista per Seul e nessun altro. Su Overwatch la musica non è differente. La World Cup è vinta per i primi due anni dalla Corea che supera la Russia nel 2016 e il Canada nel 2017. Anche nella Overwatch League, la massima serie del titolo Blizzard, i giocatori coreani sono i più ricercati: non è una sorpresa che la formazione dei London Spitfire, squadra di Londra vincitrice della prima edizione del campionato, sia interamente composta da coreani.

 

 

Eppure ultimamente i risultati hanno detto totalmente il contrario. Per la prima volta nella storia dei mondiali di League of Legends nessuna squadra coreana ha raggiunto le semifinali: i GENG si sono addirittura fermati ai gironi, bisogna risalire al 2013 per trovare un risultato simile. Afreeca Freecs e KT Rolster si sono arrese ai quarti rispettivamente contro i Cloud9 dal Nord America e gli Invictus Gaming dalla Cina, poi vincitori del trofeo. Su Starcraft II la vittoria del finlandese Joona “Serral” Sotala è ancora più clamorosa: interrompe un dominio di otto anni dalla prima edizione del 2010 fino al 2017. È la prima volta nel titolo esport coreano per eccellenza che il campione del mondo è un giocatore del resto del mondo.

Su League of Legends la Corea ha pagato un anno di transizione in cui non vi è stato un reale ricambio generazionale: i nuovi talenti non si sono dimostrati all’altezza dell’esperienza richiesta in ambito internazionale. Senza dimenticare che le squadre coreane hanno fatto molta più fatica del previsto ad adattarsi alle nuove strategie. Riesaminando l’intero mondiale, tuttavia, ci si rende conto di come non siano state le squadre coreane a essere inferiori quanto invece siano cresciute le squadre delle altre regioni, Cina ed Europa su tutte. Il livello medio si è alzato talmente tanto che la Corea non può più pretendere di essere la sola custode della vittoria.

 

 

Su Starcraft II il discorso invece è differente: il problema non sono stati i giocatori coreani ma l’anno strepitoso di Serral. Fatta eccezione per Jonkoping, secondo, ha trionfato in tutte le tappe del circuito competitivo ufficiale a cui ha partecipato: Lipsia, Austin, Valencia e Montreal hanno avuto un unico dominatore con buona pace di qualsiasi altro pretendente. Serral rappresenta probabilmente un’eccezione che difficilmente si ripeterà nei prossimi anni: nessun altro giocatore non coreano è infatti riuscito ad avvicinarsi nel 2018 agli dei di Starcraft tanto quanto è riuscito a fare il finlandese.

Se poi prendiamo in considerazione i risultati conquistati dalla nazione asiatica negli altri titoli è davvero difficile utilizzare il termine “crisi”. Nella Overwatch World Cup la Corea ha trionfato per il terzo anno di seguito, questa volta contro la Cina. Su Heroes of the Storm ha conquistato con i GENG il sesto titolo internazionale su sette disponibili: unica intrusa la vittoria dei Fnatic nel Mid-Season Brawl 2017 nell’unica finale tutta europea della storia contro i Dignitas. Nemmeno su PUBG i coreani si sono risparmiati, vincendo la prima edizione del mondiale del popolare gioco Battle Royale. Se qualunque cosa Re Mida toccasse diventava oro, lo stesso si può dire per i coreani nei titoli in cui competono.

 

 

Hanno anticipato i tempi, hanno vinto tutto e di più ma il mito dei coreani imbattibili è ormai caduto. Nessuna crisi, sia chiaro, ma è altrettanto lampante che le altre regioni competitive, nate come inseguitrici, stanno colmando il gap con la Corea. I giocatori coreani devono rimanere tranquilli: vincere non diventerà solo un ricordo ma indubbiamente non sarà più scontato. Anziché partire dieci metri più avanti in una batteria da 100 metri, tutti inizieranno finalmente dalla stessa identica linea di partenza.