Mondo

Russia-Ucraina, scontro in mare tra navi: sale tensione. Il Parlamento voterà se introdurre legge marziale. Proteste a Kiev

Dopo mesi di attrito la questione del Mare di Azov e dello Stretto di Kerch ha avuto uno sviluppo che rischia di incrinare ulteriormente i rapporti fra i due Paesi. Domenica tre navi della Marina militare ucraina hanno cercato di forzare il blocco, organizzato dai russi, per raggiungere Mariupol: ne è nata una "battaglia navale". Onu e Nato monitorano la situazione, il presidente Poroshenko convoca il Parlamento: si votano 60 giorni di legge marziale a pochi mesi dalle elezioni

Un ‘viaggio’ che secondo i russi non era stato autorizzato e riesplode la tensione tra Mosca e Kiev, con battaglia in mare, servizi segreti in azione e caccia che si levano in volo. Nella giornata di domenica alcuni vascelli della Marina russa e ucraina si sono scontrati a causa del tentativo, da parte di questi ultimi, di forzare il passaggio nello Stretto di Kerch, il tratto di mare che separa la penisola della Crimea dalla Russia continentale e che consente l’accesso al Mare di Azov.

La Marina di Mosca ha prima aperto il fuoco e poi requisito le navi ucraine. L’improvviso riaccendersi delle tensioni tra i due Paesi ha portato il Parlamento di Kiev a decidere di riunirsi nel pomeriggio di lunedì per votare l’introduzione della legge marziale in tutto il Paese, così come richiesto dal presidente Petro Poroshenko. L’ambasciatore russo all’Onu ha richiesto che il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite si occupi dell’accaduto mentre rappresentanti della Nato e dell’Unione Europea hanno invitato le parti alla moderazione, richiedendo però a Mosca di assicurare il libero passaggio dallo stretto e supportando di fatto Kiev.

Dopo mesi di attrito la questione del Mare di Azov e dello Stretto di Kerch, contesi fra Russia e Ucraina, ha avuto uno sviluppo che rischia di incrinare ulteriormente i rapporti fra i due Paesi. Nella mattinata di domenica tre navi appartenenti alla Marina militare ucraina hanno cercato di forzare il blocco, organizzato dai russi, con l’obiettivo di oltrepassare il ponte e raggiungere il porto della città di Mariupol. La struttura, la cui costruzione è terminata lo scorso maggio, collega materialmente e simbolicamente la Crimea al distretto di Krasnodar, nella Russia meridionale. 

Già attorno le 7 di mattina il dipartimento della guardia di frontiera in Crimea aveva avvistato tre scafi ucraini entrare nelle acque territoriali, violando, secondo le autorità russe, le norme di navigazione e rifiutando di obbedire agli ordini delle stesse. Nel susseguirsi degli eventi e come mostrato da un filmato caricato online, uno contatto è avvenuto fra la nave della guardia costiera russa Don e il Yana Kapu, un rimorchiatore battente bandiera ucraina. Per stessa ammissione dell’Fsb – il servizio segreto di Mosca – sarebbero state impiegate armi da fuoco per costringere allo stop i mezzi della marina di Kiev. Dalle prime dichiarazioni sarebbero diversi i militari ucraini feriti nell’operazione mentre i vascelli stessi sarebbero ora sequestrati dai russi nel porto di Kerch.

Durante l’escalation due cannoniere della marina ucraina avrebbero lasciato il porto di Berdyansk in direzione dello stretto di Kerch. In risposta una portacontainer russa sarebbe stata posizionata per bloccare l’unico passaggio fisico ad oggi percorribile dallo stretto, precisamente sotto il ponte la cui costruzione è stata più volte criticata da Kiev e Bruxelles. Almeno due caccia dell’aviazione russa sarebbero stati impiegati per pattugliare lo Stretto mentre Kiev ha dichiarato che nelle operazioni i russi avrebbero impiegato elicotteri da combattimento.

L’episodio del 25 novembre segna il punto più grave nel recente passato delle relazioni fra i due Paesi e rischia di portare ad un ulteriore peggioramento della situazione, come dimostrano le proteste poi scoppiate davanti all’ambasciata russa a Kiev. E il presidente ucraino Petro Poroshenko ha convocato nella serata di domenica una riunione straordinaria del Consiglio Nazionale di Sicurezza e Difesa ucraino. Lo stesso presidente chiederà al Parlamento ucraino, riunito in sessione straordinaria nel pomeriggio di lunedì, la proclamazione della legge marziale nel Paese per la durata di 60 giorni.

L’imposizione di una simile misura può portare alla restrizione della libertà di stampa e al controllo dei mass media da parte del governo. Lo stesso potrebbe imporre un divieto alle assemblee pubbliche, proteste pacifiche ed eventi di massa. L’attività politica e anche quella culturale potrebbero essere limitate. Una mossa che pare drammatica, visto anche l’avvicinarsi delle elezioni che il prossimo marzo proclameranno il futuro presidente ucraino. In questo momento l’ex primo ministro Yulia Tymoshenko pare la favorita nei sondaggi, con oltre il 20% di preferenze, seguita dal comico Volodymyr Zelensky, poco sopra l’11%. L’attuale presidente si troverebbe soltanto al terzo posto con il 10,3%. La portavoce del ministro degli Esteri russo, Maria Zakharova, ha commentato la situazione affermando che l’Ucraina avrebbe ricorso a “metodi da banditi” nei confronti del Paese, aggiungendo che le forze ucraine avrebbero dapprima utilizzato la provocazione, per poi accusare i russi di averli aggrediti.

L’episodio avviene dopo mesi in cui il Mare di Azov e la costruzione del ponte sullo Stretto di Kerch sono divenuti elementi primari nello scontro diplomatico fra Kiev e Mosca. Dopo la perdita della Crimea infatti circa l’80% dell’export ucraino passa attraverso questo braccio di mare, da e verso i porti di Bryansk e Mariupol. Lo stesso design con cui il ponte è stato costruito limita la grandezza delle navi che da qui possono fluire. Negli ultimi mesi i controlli da parte della guardia costiera russa sono incrementati significativamente, rallentando ulteriormente i traffici commerciali ucraini, già pesantemente ridimensionati dopo il 2014.

La questione del controllo del Mare di Azov si va così ad aggiungere alla lista di fattori che alimentano i contrasti tra Ucraina e Russia. Da una parte vi è la sempre aperta contesa energetica tra Gazprom e Neftogaz, un caso portato davanti alla Corte di Arbitrato di Stoccolma. Dall’altra vi è la vicenda dei referendum indetti in Crimea e nelle Repubbliche Popolari di Lugansk e Donestk. A peggiorare ulteriormente il quadro, secondo il giornale russo RIA Novosti, in serata sarebbe iniziato un pesante bombardamento da parte dell’artiglieria ucraina proprio contro alcune aree residenziali nella stessa Repubblica di Donestk.

La portavoce dell’Alta rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Federica Mogherini, ha invitato le parti a controllare le proprie azioni, riconoscendo a Kiev il diritto di far transitare le proprie navi senza subire ispezioni. Oana Lungescu, portavoce della Nato, ha ribadito il supporto dell’Alleanza all’integrità territoriale e sovranità dell’Ucraina, la quale deve avere libero accesso ai porti nel Mare di Azov.

In serata manifestanti si sono radunati davanti l’ambasciata russa nella capitale ucraina, verso cui sono stati lanciati fumogeni. Diverse gomme di macchine e almeno un’auto diplomatica sono state bruciate. A quasi 5 anni dalla decisione dell’ex presidente Yanukovych di rifiutare l’intesa con l’Unione Europea e da cui prese vita la rivolta di piazza Maidan, ancora una volta del fumo si leva nel cielo di Kiev.

Twitter: @Frank_Stones